Genova – Si infiamma la protesta contro la decisione di spostare il Polo Chimico da Multedo a Sampierdarena presentata dal sindaco Marco Bucci alla popolazione dei due quartieri. Mentre arriva notizia di altre offerte per l’area di Ponte Etiopia, con conseguente allungamento dei tempi per prendere una decisione e la scelta che non è più “unica”, arrivano anche le osservazioni contrarie al progetto vagliate e redatte da Comitati e Associazioni che si oppongono allo spostamento.
Osservazioni che – è scritto nella nota diffusa – “sono di carattere oppositivo e hanno un valore di controproposta, in quanto basate sui principi della cultura dell’urbanistica dei paesaggi ( urbani, marini, portuali, industriali, costieri, agrari, …), ma ben fondate su norme nazionali e direttive europee in materia di pianificazione integrata tra porti, città e ambiente e su diritti territoriali sociali ed estetici sanciti dalla nostra Costituzione”.
Ecco le osservazioni punto per punto:
1- Riteniamo illegittimo e improponibile il procedimento di istanza di Superba, accettato in fretta e furia il 15/12/2021 da un Comitato di gestione, di cui fa parte anche la Capitaneria di porto, che ha approvato d’ufficio l’Adeguamento Tecnico Funzionale (ATF) del regolamento portuale del vigente Piano Regolatore Portuale al fine di permettere l’arrivo di navi chimiche a Ponte Somalia, prodromo di una devastante concessione a Superba per trasferirvi a spese del pubblico denaro i propri depositi chimici, triplicati in termini di area e più che raddoppiati come volume, in una zona portuale a meno di 500 metri dal centro abitato di Sampierdarena. Ci sono tutte le ragioni di principio, contenuto e metodo, affinché tale concessione venga respinta dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, cui deve essere sottoposta per vincolo di legge, a meno che non si adotti un escamotage per sottrarlo al giudizio di tale consiglio.
2- Il suddetto trasferimento dei depositi chimici, dal punto di vista dell’uso del suolo e dell’acqua costituisce un vero e proprio cambiamento di destinazione d’uso, passando da area commerciale e per container a area per industrie insalubri e a rischio incidenti rilevanti ed emissioni tossiche e nocive, prevedendo un incremento areale e volumetrico, tale che avrebbe richiesto una variante urbanistica generale (e non a stralcio, né ATF del vigente Piano Regolatore del Sistema Portuale -PRSP), se le direttive europee e le norme nazionali in campo ambientale e urbanistico non impedissero che tali deposti chimici vengano localizzati così vicini al centro abitato e dentro agli stessi bacini portuali.
Insomma si tratta di una modifica che altera in modo sostanziale e strutturale gli equilibri dimensionali e d’uso dell’assetto urbanistico ambientale del PRSP vigente, e che deve essere sottoposta – secondo noi – a verifiche preventive di sostenibilità(Via, Vas…)mediante il confronto tra diverse alternative di localizzazione dei depositi in discussione.
Trattandosi di un trasferimento impianti pericolosi per la salute dei cittadini e dei lavoratori (e il ricordo non può che andare alla tragedia dei 4 operai morti nel 1987, a causa di scoppio e incendio dentro gli impianti di Superba e Carmagnani), non é giuridicamente, umanamente e culturalmente ammissibile che l’Autorità dì Sistema Portuale del Mare Occidentale Ligure (AdSP del MOL) possa procedere, intervenendo su parti separate e non integrate in una pianificazione unitaria di porto città e territorio, finalizzata all’ interesse pubblico e sociale collettivo.
Solo nel caso in cui non si riesca a trovare una loro localizzazione alternativa, sostenibile, sicura e lontana dai centri abitati, cosa secondo noi possibile, non é da escludere l’opzione zero, cioè la chiusura e revoca governativa della licenza della loro attività
3- Ci permettiamo , come metodo di confronto, di prospettare una opzione zero da contrapporre ad una alternativa localizzativa sostenibile, in forza di due direttive della UE.
La prima Direttiva 2012/18/UE é quella del Parlamento europeo e del Consiglio sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connesso con sostanze pericolose ( GU L 197 del 24.7.2012, pag. 1), la quale impone agli Stati membri di garantire che la loro politica in materia di pianificazione territoriale tenga conto della necessità di mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli stabilimenti insalubri e a rischio incidenti rilevanti e adottare, per gli stabilimenti preesistenti, misure tecniche complementari per non accrescere i rischi per la salute umana e l’ambiente.
Questo tuttavia non significa che tali distanze costituiscano l’unico criterio di cui tenere conto per minimizzare i rischi.
La seconda Direttiva riguarda gli impianti chimici a cui si fa riferimento, che sono in linea di principio disciplinati dalla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17) e sono quindi subordinati a un’autorizzazione basata sulle migliori tecniche disponibili (Best Available Techniques — BAT), ossia le tecniche mirate a minimizzare le emissioni inquinanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le emissioni odorigene e sonore, in altre parole i depositi chimici e petroliferi genovesi devono essere collocati alla distanza di sicurezza dai centri abitati (a Rotterdam sono a 5 chilometri) e interrati e isolati nelle banchine, con accessi di alimentazione protetti e non interferenti con le attività di movimentazione portuale.
Entrambe le direttive conferiscono diritti particolareggiati ai cittadini per quanto riguarda l’accesso alle informazioni relative all’ambiente, alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia. Esse contengono altresì disposizioni specifiche relativamente alle ispezioni, compresa la possibilità di richiedere ispezioni ad hoc in caso di gravi denunce ambientali.
Ne consegue che le competenti autorità amministrative nazionali sono responsabili in primis dell’accertamento delle specifiche situazioni di presunta non conformità e dell’adozione di misure idonee a risolvere il problema, qualora le preoccupazioni si rivelassero fondate.
In ogni caso la Commissione europea rammenta che, se del caso, gli organi giurisdizionali nazionali sono competenti ad accogliere i ricorsi presentati dalle persone al fine di ottenere l’annullamento delle misure nazionali e i danni causati da tali misure.
4- Non si può non considerare l’ipotesi di trasferire i suddetti depositi chimici, non a ponte Somalia, ma su una piattaforma da aggiungere alla nuova diga foranea, una soluzione tra le 4 alternative previste in un primo tempo dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Occidentale Ligure(AdSP MOL), ora abbandonata.
Questa strada può essere percorsa perché è possibile dimostrare la incompatibilità della soluzione depositi ponte Somalia, e il trasporto su gomma che genera inquinamento, con il centro abitato di Sampierdarena, con gli insediamenti portuali contermini, ma anche con l’aeroporto e il suo cono aereo di decollo e atterraggio, rispondendo alle pesanti perplessità dichiarate dal presidente dell’ Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) in merito alle scelte operate dalla suddetta Autorità Portuale, non solo per i depositi a ponte Somalia, ma anche per la geometria della nuova diga, visti gli uni e l’altra come parti avulse dal sistema complessivo portuale, urbano e metropolitano di Genova, progettati più in funzione delle porta container di nuova generazione e più nell’interesse di alcuni terminalisti che a servizio e a beneficio dei cittadini genovesi e del patrimonio sociale e storico della città dì Genova.
Possiamo affermare che entrambi i progetti, tanto la nuova diga foranea senza piattaforma e senza verificare l’alternativa piattaforma Vado, quanto i depositi chimici a ponte Somalia sono stati sottoposti a un finto dibattito pubblico, circoscritto e settoriale, non sono stati sottoposti allo stesso metodo del confronto tra soluzioni alternative, in quanto per la diga esso è risultato monco e unidirezionale, per i depositi a Ponte Somalia addirittura non c’è nemmeno stato: in entrambi i casi è mancata soprattutto la definizione di un quadro territoriale urbano e portuale ben strutturato, dotato di obiettivi e criteri di compatibilità ambientale e urbanistica tra città, porto e cittadini.
La nota con le Osservazioni è firmata da Giovanni Spalla e Andrea Agostini
Giovanni Spalla è stato per 40 anni docente di urbanistica a ingegneria a Genova, è l’architetto che ha ristrutturato Palazzo Ducale e i Magazzini del sale al Molo.
Consigliere regionale per tre mandati
Andrea Agostini è l’anima del Circolo Nuova Ecologia di Legambiente e da decenni in prima linea nelle battaglie per l’ambiente a Genova