Genova – Un dolce per festeggiare il natale consegnato direttamente ad un detenuto rinchiuso nel carcere di Marassi. Uno strano dono che ha insospettito sin da subito gli agenti della polizia penitenziaria che hanno deciso di fare qualche verifica in più scoprendo velocemente che il dolce era “farcito” con droga. Una ispezione interna al prodotto dolciario, infatti, ha fatto scoprire un pacchetto contenente hashish, un altro con della cocaina e un altro ancora conteneva dell’eroina.
Probabilmente il dolce era destinato ad alimentare il traffico di sostanze stupefacenti che inevitabilmente si crea all’interno degli istituti visto che oltre un terzo delle persone detenute è dipendente dalla droga e quasi immancabilmente si trova “dentro” per un reato collegato proprio a quella dipendenza.
Gli agenti hanno sequestrato il pacco e ora indagano per risalire a chi lo ha consegnato anche se risulta spedito dall’esterno e probabilmente da un ufficio postale e da una persona anonima o che ha reso dati di identificazione falsi.
Fortunatamente ogni carcere ha un centro di smistamento della corrispondenza interna che controlla e verifica pacchetti e buste in ingresso ed in uscita.
Quello della “torta farcita” è il più classico dei trucchetti, talmente ovvio da ricordare cartoni animati e film comici nei quali i detenuti trovano addirittura la classica lima per segare le sbarre della cella. Nella versione “aggiornata”, invece, arriva droga, armi, telefoni cellulari e farmaci con effetto stupefacente o calmante.
Hanno spedito un pacco per l’amico detenuto a Marassi all’interno del quale un dolce natalizio era farcito di hashish, eroina e cocaina. La scoperta avvenuta nella giornata di ieri all’interno del carcere di Marassi, durante le fasi di controllo dei pacchi destinati ai detenuti.
“Il problema dell’ingresso della droga in carcere – spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE – è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti nelle strutture italiane. Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga. Per chiarezza va ricordato che le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta”. Per il leader nazionale del SAPPE, “non vi è dunque dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento. Questa potrebbe essere la strada da seguire per togliere dal carcere i tossicodipendenti e limitare sempre di più l’ingresso di sostanze stupefacenti, unito ovviamente a tutte le attività di prevenzione, come l’utilizzo delle unità cinofile che sono anch’esse fondamentali nel contrasto dei tentativi illeciti e fraudolenti di ingresso e smercio di droghe in carcere”. “Se da un lato – sostiene infine Capece – dobbiamo complimentarci con il personale di Polizia Penitenziaria di Marassi che ha operato ancora una volta con professionalità e spirito di sacrificio, dall’altro non comprendiamo come non vengano assunti provvedimenti adeguati a ripristinare la sicurezza e la legalità, a cominciare da un incremento straordinario di organico e dalla dotazione di ogni strumento anche tecnologico utile a contrastare le costanti criticità denunciate continuamente dal primo Sindacato del Corpo di Polizia Penitenziaria, ovvero il SAPPE “.