HomeGenovaCronacaNada Cella, riapre il processo a Genova

Nada Cella, riapre il processo a Genova

Nada CellaGenova – Riparte dopo la pausa estiva il processo per l’omicidio di Nada Cella, la giovane di 24 anni trucidata il 6 maggio del 1996 nell’ufficio del commercialista Marco Soracco.
Si ricomincia con i testimoni della difesa e con gli elementi portati in aula per confutare le ipotesi dell’accusa che vedono unica indagata una persona già entrata – e velocemente uscita – dalle indagini ai tempi dell’omicidio.
Una donna che – secondo le ipotesi accusatorie – potrebbe aver ucciso Nada Cella per gelosia, perché innamorata del commercialista o comunque interessata a frequentarlo e perché la giovane vittima le negava al telefono le conversazioni con il professionista.
Una “colpa” che potrebbe aver originato un tentativo di confronto di persona finito nel sangue, con la presunta assassina che infierisce sulla vittima con diversi oggetti contundenti trovati nell’ufficio e mai identificati anche per un maldestro tentativo di ripulire la scena del delitto da parte della madre del professionista.
Un percorso difficile, per i quasi 30 anni trascorsi e per tutti i misteri e gli episodi “inspiegabili” che circondano il terribile fatto di sangue. Un cold case riaperto dopo decenni solo grazie all’ostinazione di una criminologa e della madre della vittima che attende Giustizia per la figlia.
Occorre precisare che, al momento, non esiste una prova determinante, quella che, in gergo investigativo, viene definita la “pistola fumante”, ma una serie di indizi che sembrano portare ad un’unica soluzione. Ma ce ne sono altrettanti che non consentono lo stesso risultato.
Contro l’indagata ci sono i bottoni trovati nella sua abitazione e che assomiglierebbero a quello trovato sul luogo del delitto, una serie di testimonianze riportate che la collocherebbero sul luogo del delitto e “sporca”, alcune telefonate registrate ma di autore anonimo e alcune “stranezze” come un veloce trasferimento in altra città con soldi la cui provenienza non è mai stata accertata.
A sciogliere i sospetti, invece, un contrato di lavoro che testimonia che la donna doveva essere a Santa Margherita, a fare pulizie in uno studio dentistico, nell’orario nel quale veniva uccisa Nada Cella, la perizia presentata stamattina sui bottoni e una amica della vittima che avrebbe raccontato che la ragazza voleva cambiare lavoro perché turbata dall’ambiente che la circondava.
Non si è potuto accertare chi abbia fatto le telefonate che collocavano l’accusata sul luogo del delitto, un frate che ha raccolto una confessione non intende sciogliere il “voto” per rivelare quanto ascoltato e non si capisce come sia possibile che, ai tempi delle prime indagini, il ritrovamento dei bottoni non sia stato comunicato a tutti coloro che indagavano e che avrebbero potuto, allora, risalire ad un rivenditore e all’acquirente.
Misteri che restano inspiegabili e che potrebbero avere un peso rilevante sul caso.
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