Entrare nelle botteghe storiche genovesi significa iniziare un viaggio nel tempo e, soprattutto, nella storia della città, venendo a contatto con un patrimonio di tradizioni che vale la pena raccontare.
In Piazza San Lorenzo si trova fin dal 1825 il negozio di tessuti Rivara. Occupa l’angolo tra la piazza e la via Scurreria: quando Niccolò Rivara vi trasferì la sua attività, iniziata a Sestri Levante più di vent’anni prima, la piazza era completamente diversa e via San Lorenzo non esisteva ancora.
Era l’epoca in cui “si arrivava in cattedrale da Vico del Filo”, locuzione che per tutto l’Ottocento a Genova avrebbe designato i secoli passati.
Molti arredi sono originali: banconi e credenze illustrano nella loro fattura l’amore della borghesia ottocentesca per l’eleganza coniugata alla funzionalità e tra gli scaffali trovano posto ganci per appendere i ferri del mestiere, le forbici, esibite alla stregua di trofei.
Ma sono soprattutto i vecchi registi conservati nel retrobottega a fornirci uno spaccato della vita quotidiana dei secoli passati, dalla concessione dei primi telefoni – una delle voci in uscita più rilevanti – alle frequenti donazioni agli enti assistenziali.
Le pagine, fitte di annotazioni redatte con grafia minuta e ordine certosino, ricordano quelle dei libri dove i contabili del Banco di San Giorgio un tempo registravano i flussi di entrate e uscite di quello che era uno dei nodi della finanza mondiale.
Il filo rosso che lega il negozio alla storia cittadina emerge anche da molti tra gli oggetti esposti nelle vetrine, in particolare da quella dedicata ai “mezzari”, vera icona dell’abbigliamento femminile genovese tra Sette e Ottocento, puntualmente descritta dai visitatori stranieri che rimanevano affascinati dai colori di queste opere d’arte da indossare.
Il mezzaro – dall’arabo “mizar”, cioè “velare” – era un grande e variopinto tessuto di cotone quadrato, che le genovesi indossavano come uno scialle che copriva anche la testa, dando loro un aspetto esoticamente orientale.
I disegni venivano impressi a stampa: il più tradizionale era “l’albero della vita”, pretesto per esibire una varietà enciclopedica di fiori e animali.
Una tradizione antica che ha preso nuova vita nel 2004, quando alcun artisti genovesi – Emanuele Luzzati, Costantini, Verardo, Annamaria Y Palacios – hanno realizzato una splendida serie che coniuga i tratti distintivi della tradizione con il gusto contemporaneo. Oggi non si indossano più, ma sono ricercatissimi come copriletti, tende o arazzi: una seconda vita che, a suo modo, rispecchia lo spirito tenace della città.