Genova – Circa 250 persone hanno partecipato, ieri sera, alla fiaccolata organizzata dalla famiglia di Jefferson Garcia Tomalà per chiedere giustizia per la morte del ragazzo, colpito a morte dai colpi di pistola sparati da un agente di polizia intervenuto per calmarlo in attesa di un trattamento sanitario obbligatorio reso necessario dallo stato di forte agitazione.
Familiari, membri della comunità ecuadoriana ma anche amici italiani, compagni di scuola e insegnanti del giovane tragicamente morto in circostante ancora tutte da chiarire.
Tutti a chiedere un cambiamento radicale nelle procedure adottate per affrontare casi simili, con persone in evidente difficoltà psichica che necessitano di aiuto pur nella doverosa comprensione delle esigenze della sicurezza altrui.
Alla manifestazione, tranquilla e rispettosa ma certamente molto determinata, anche la compagna del giovane che la sera della tragedia era arrivata di corsa per cercare di calmare il ragazzo che si era chiuso nella sua stanza, armato di coltello, e minacciava il suicidio.
La giovane ha dichiarato che avrebbe potuto calmare il compagno ma la polizia le avrebbe impedito di salire in casa per tutelare la sua incolumità.
La giovane ha anche raccontato di aver sentito diversi colpi di pistola e non due come sarebbe sin qui emerso dalle prime ricostruzioni.
Tra i manifestanti anche i compagni di scuola di Jefferson, più noto come Jeff, che hanno confermato che si trattava di una persona molto educata e tranquilla e che mai avrebbe aggredito un agente di polizia se non per un raptus o una situazione di grave pericolo.
Circostanze che non fanno che confermare il fatto che, se ad intervenire fosse stato del personale sanitario e non agenti armati e non addestrati a situazioni di questo tipo, molto probabilmente il giovane sarebbe ancora vivo e curato in modo adeguato.
I familiari del ragazzo chiedono giustizia per quanto successo e che le persone che hanno sbagliato vengano punite ma, soprattutto, chiedono che vengano modificate le regole per i trattamenti sanitari obbligatori in modo che non debbano intervenire persone non adeguatamente addestrate e con sufficiente esperienza in casi di questo genere.
Intanto resta indagato l’agente che ha sparato colpendo il ragazzo a morte e che ha ferito lo stesso collega che stava cercando di difendere dopo che Jefferson lo aveva accoltellato.
Vengono ascoltate le persone presenti per cercare di ricostruire con precisione quanto avvenuto e, in particolare, i minuti concitati in cui il giovane ucciso avrebbe colpito un agente dopo essere stato a sua volta colpito con uno spray urticante.
All’ospedale San Martino migliorano le condizioni dell’agente ferito dalla coltellata e dal colpo esploso dal collega.