Arenzano – Trenta anni dall’incidente della petroliera Haven al largo di Genova. L’11 aprile 1991, durante un’operazione di travaso del carburante imbarcato, un’esplosione ha causato la morte di 5 persone, 4 membri dell’equipaggio ed il comandante e un incendio a bordo che ha rappresentato uno dei più gravi incidenti in mare avvenuti nel Mediterraneo.
Migliaia di tonnellate di petrolio si sono riversate in mare, devastando i fondali, e la nave bruciò per giorni e giorni creando una colonna di fumo che era ben visibile da tutta la Liguria.

Una parte della Haven si è staccata affondando a 470 metri di profondità mentre il resto della nave, trainata al largo di Arenzano, si è inabissata su un fondale di circa 80 metri il mattino del 14 aprile, dopo tre giorni di incendio di bordo e continuando a riversare in mare il suo carico di morte.

Oggi si ricorda il tragico incidente e le operazioni di soccorso e rimozione di buona parte del petrolio dal fondale e dalla superficie del mare ma anche il disastro ambientale senza precedenti e i tragici effetti che ancora oggi non sono stati valutati completamente, per il mar Ligure.

Il mega relitto della Haven si è però trasformato in uno dei punti di immersione più affascinanti e richiesti del Mediterraneo e ogni anno, pandemia permettendo, sono migliaia i subacquei che arrivano da tutto il Mondo per visitarla.
Un’immersione però tutt’altro che semplice e alla portata di tutti visto che il fondale è di 80 metri (al di fuori della portata della stragrande maggioranza dei sub patentati) e con un “tetto” della nave tra i 40 e i 45 metri, proprio al limite della subacquea sportiva.
Dall’apertura del relitto alle immersioni “per tutti” sono già decedute ben 15 persone ed ogni anno sono numerosi gli incidenti gravi collegati alla Haven.
Numeri che più volte hanno portato alla sospensione delle immersioni e acceso il dibattito sulla necessità di vietarne le visite per i sub non specializzati.