Quattro chiacchiere con Giorgio Baruchello, professore genovese che ha scelto di insegnare all’estero, e che oggi vive in Islanda.
Italo Calvino diceva che ci sono due tipi di liguri: quelli attaccati ai loro luoghi come patelle allo scoglio, e quelli che per casa hanno il mondo. Giorgio Baruchello fa parte della seconda categoria. Dopo la laurea in filosofia a Genova nel 1998, insegna in Canada, Inghilterra, e poi Islanda. Dal 2003 vive stabilmente ad Akureyri, cittadina di 17mila abitanti nella parte settentrionale dell’isola, dove è professore all’università. “Sono qui per fuggire dalla disoccupazione – dice sorridendo all’inizio della nostra chiaccherata – e per insegnare qualcosa di importante agli studenti locali”. Quarantun anni, Giorgio (qui tutti si chiamano per nome tra loro) ci parla delle differenze tra gli studenti italiani e quelli islandesi: “Direi che gli studenti italiani in generale escono dalle scuole superiori con un bagaglio di nozioni maggiore rispetto a quelli islandesi o quelli di altri paesi in cui ho insegnato – rivela – d’altra parte gli studenti qui in Islanda hanno spesso avuto più esperienze di vita, dei figli o un lavoro”. Da buon filosofo, lo sguardo si allarga poi a differenze più ampie: “In generale la società islandese, anche durante gli anni della crisi, è meno crudele – dice dopo un secondo di esitazione per trovare la parola giusta – meno aggressiva, incattivita rispetto a quella italiana”.
L’Islanda è la scelta ideale per chi è alla ricerca di un ritmo di vita più umano rispetto a quello della grande città, ma non tutto è così semplice: “La lingua non è assolutamente facile – confessa Giorgio quando gli chiediamo a cosa è stato più dura abituarsi – mi terrà abituato finché campo, perché possa davvero sostenere di essere bravo a parlare islandese. Un’altra cosa è mantenere l’equilibrio sul ghiaccio. Non ho mai imparato a pattinare”. A differenza di molti italiani all’estero, invece, Giorgio non trova di che lamentarsi riguardo al cibo: “Nel mondo globalizzato di oggi – dice, senza rinunciare a una nota didascalica – ormai si trovano quasi tutti gli ingredienti che si possano desiderare. Addirittura si trova il gelato di Tonitto, una piccola azienda genovese”.
Si finisce poi inevitabilmente a parlare di Genova. Giorgio trascorre i primi anni della vita a Rivarolo, ma poi si innamora del centro storico: “Ancora oggi, quando tornano a Genova, vado a girare con gran gioia i nostri caruggi, a vedere quanto di bello abbiamo dal punto di vista architettonico e artistico”. Perché, tornando a Calvino, anche i genovesi che “per casa hanno il mondo” tornano regolarmente a casa, sono legati alla loro terra non meno di chi resta sullo scoglio.
Il video con l’intervista completa:
. condivido il pensiero … sopratutto sulle “….patelle genovesi….”… Chi ha fatto la Ns scuola di vita, ( seriamente) non deve temere l avventura del FUORI CASA. Emoticon smile .. e’ gia temprato !!!