Washington – Si può essere soli da morire? Lo studio condotto dalla Brigham Young University (BYU) di Provo, nello Utah ha dimostrato che è possibile, e che il dramma legato all’isolamento sociale sia molto più grave di quanto si possa immaginare. Sentirsi soli, oltre a comportare una afflizione psichica, avrebbe delle conseguenze anche sullo stato di salute generale degli individui; il rischio di morte prematura aumenterebbe del 50% nelle persone che versano in uno stato di solitudine.
La ricerca è stata presentata dalla professoressa Julianne Holt-Lunstad, psicologa della Brigham Youth University, alla convention annuale della American Psychological Society, l’associazione degli psicologi americani, che si è svolta a Washington; i dati sono allarmanti, considerando la vera e propria “epidemia di solitudine” del mondo occidentale moderno, dove gli individui percepiscono la sensazione di non avere affetti vicini, di essere disconnessi dalla società e di sentirsi isolati. Le conclusioni tratte dai ricercatori hanno rivelato che l’isolamento e la solitudine sono fattori che hanno un impatto significativo sul rischio di morte prematura, uguale o maggiore ad altri fattori meglio noti, come l’obesità. Inoltre, in caso di insorgenza di malattie, come l’Alzheimer e il tumore al seno, alcune ricerche precedenti avevano dimostrato che le persone sole avevano una minore resistenza e un tasso di mortalità maggiore rispetto a chi è socialmente connesso.
La psicologa relatrice ha affermato: “Essere socialmente connessi agli altri è ampiamente considerato un bisogno umano fondamentale, cruciale sia per il benessere sia per la sopravvivenza. Esempi estremi mostrano che i neonati che si trovano in istituto ai quali manca il contatto umano non riescono a svilupparsi bene e spesso muoiono. E in effetti l’isolamento sociale o il confinamento sono sempre stati usati come forma di punizione“.
Tra le soluzioni proposte per limitare le conseguenze di una società sempre più egoista e meno inclusiva, potrebbe esserci un intervento mirato da parte degli enti delle diverse comunità, per creare occasioni di incontro e scambio per gli individui maggiormente a rischio isolamento, come i giovanissimi e le persone appena andate in pensione, per limitare le conseguenze e contenere i costi sociali per questo tipo di problematica.