Modena – Venerdì 13 ottobre sarà il Vox Club di Nonantola, in provincia di Modena, ad ospitare la prima tappa del tour che vedrà Francesco De Gregori protagonista nei piccoli grandi club consacrati alla musica, in Europa e negli Stati Uniti. Una scelta coraggiosa e significativa per l’artista, che potrebbe riempire stadi e palazzetti senza nemmeno impegnarsi in grandi campagne mediatiche, ma che ha preferito, per quest’anno, dedicarsi ai piccoli luoghi storici della musica.
«Vedo un sacco di concerti trattati come eventi muscolari, spesso c’è di mezzo la parola MEGA (grandi numeri, grandi palchi, grandi schermi etc..) – ha dichiarato il cantautore – A me piacciono anche i posti piccoli, ho sempre amato i club, li ho già fatti e continuerò a farli. Quel suono un po’ ferroso fatto solo per chi sta lì in carne e ossa, magari con una birra in mano e ogni tanto esce a fumarsi una sigaretta quando faccio un pezzo che non gli piace. E non si aspetta di rivedere tutto questo in televisione un anno o un giorno dopo».
I compagni di avventura per questo viaggio saranno Guido Guglielminetti (basso e contrabbasso), Carlo Gaudiello (piano e tastiere), Paolo Giovenchi (chitarre) e Alessandro Valle (pedal steel guitar e mandolino). La scelta di non avere un batterista è una scelta stilistica importante: «In questo giro di club che stiamo per fare non avremo un batterista, ci sarò io che batto il piede sul palco e basta. E poi ci saranno un paio di chitare, un basso e una tastiera. La maggior parte dei batteristi che conosco ormai cercano di somigliare a una batteria elettronica e questa cosa non mi piace. Non credo ai musicisti che dicono “Sto cercando un nuovo suono“. È il suono che di solito viene a trovare te. E credo che con questa band succederà».
Le tappe toccate dal tour saranno, in Italia, Nonantola (Modena), Torino, S. Biagio di Callalta (Treviso) e Trezzo sull’Adda (Milano), per poi spostarsi verso Monaco, Zurigo, Bruxelles, Parigi, Lussemburgo, Londra, Lugano, Boston e New York.
«Mi incuriosisce la TOWN HALL, il teatro dove andremo a New York a novembre. È un locale storico di Broadway, dove pare abbia suonato Dylan la prima volta che uscì dalla cerchia protetta dei piccoli club del Village – racconta De Gregori – Di Dylan metterò in scaletta anche un pezzo preso del mio ultimo disco di traduzioni. Può sembrare una stranezza andarlo a cantare in italiano davanti a un pubblico internazionale. Ma una sera a Parigi ho sentito Dylan cantare in inglese ” Les feuilles mortes” e da allora ho capito che si può fare tutto. Non credo che ci sia una gran differenza fra il nostro pubblico e quello che troverò a Monaco o a Londra o a Parigi. Anche lì è pieno di italiani, e poi il mondo si è rimpicciolito, i linguaggi si sono integrati». L’artista continua a raccontare la scaletta che porterà sul palco: «Farò molti pezzi che ho suonato raramente perché magari non erano buoni come singoli. Ma quando fai un concerto devi fregartene di quello che passano o non passano le radio. Penso che questa cosa al pubblico andrà bene anche se magari qualcuno dirà “E questa che è, da dove l’ha tirata fuori?” Insomma, ai miei concerti vengono sia quelli che vorrebbero sentire solo Generale e Rimmel sia quelli che non ne possono più perché ormai gli escono dalle orecchie. Hanno ragione tutti e due, li capisco tutti e due e cercherò di mandarli a casa contenti tutti e due».