Genova – Era l’8 aprile del 1994 quando il corpo di Kurt Cobain venne ritrovato nella serra, vicino al garage nella sua casa di Seattle.
A trovarlo, riverso in terra, fu Gary Smith, un elettricista arrivato nella villa di Cobain per installare l’impianto di sicurezza.
Accanto al corpo del leader dei Nirvana e voce di una generazione, Smith trovò un fucile a pompa ed una lettera scritta proprio da Cobain ed indirizzata a “Boddah”, il suo amico d’infanzia immaginario, in cui il cantante racconta tutto il suo dolore e la sua disperazione.
L’autopsia, che rivelò un’altissima dose di eroina nel sangue, confermò che Cobain si tolse la vita sparandosi un colpo di fucile in testa fece risalire la morte al 5 aprile.
Il testo della lettera, trovato accanto al corpo, per alcuni non fu altri che una conferma del suo suicidio:
“A Boddah.
Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere un bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, come l’etica dell’indipendenza e della comunità si sono rivelati esatti. Non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento alzarsi forte l’urlo del pubblico, non provo quello che provava Freddie Mercury, che si sentiva inebriato dalla folla, ne traeva energia e io l’ho sempre ammirato e invidiato per questo. Il fatto è che non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).
Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo coinvolto e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno
di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Sono troppo sensibile. Ho bisogno di stordirmi per ritrovare quell’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e credo di amare troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù! Perché non ti diverti e basta? Non lo so. Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.
Bacia (Frances, ndr) tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, amore, empatia. Kurt Cobain.
Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
Ti prego Courtney tieni duro, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO“.
Nel testo Cobain cita il brano di Neil Young “My My, Hey Hey (Out Of The Blue), utilizzando il passaggio “E’ meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente“, spiegando poi perché aveva deciso di smettere di lottare. Il passaggio impressionò Young a tal punto che il cantautore scelse di dedicare parte dell’album “Sleeps with Angels” alla sua memoria.
Kurt Cobain, che nel 1987 fondò i Nirvana insieme a Krist Novoselic e Dave Grohl, oggi frontman dei Foo Fighters, fu definito il portavoce della cosiddetta “Generazione X”, capace di raccontare il male di vivere attraverso il grunge ma vittima lui stesso di quel male oscuro che lo spinse verso il suicidio, arrivato a 27 anni.
Un altro membro del cosiddetto “Club dei 27” che, tra gli altri, vede Janis Joplin, Amy Winehouse e Jimi Hendirx, solo per citarne alcuni.