Nada Cella omicidio ChiavariChiavari – Si fanno sempre più serrate le indagini sull’indagata per l’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria dello studio del commercialista Marco Soracco, trovata morta 25 anni fa, colpita con violenza inaudita con un corpo contundente. Mentre si attende la “prova regina”, che potrebbe arrivare dall’esame del DNA ricavato dall’indagata e dai reperti trovati sul luogo del delitto, gli inquirenti analizzano le prove raccolte 25 anni fa ed incredibilmente non prese in considerazione per una serie di “equivoci” che lasciano stupefatta l’opinione pubblica.

Vengono esaminate in particolare le risultanze delle indagini condotte dalla criminologa Antonella Delfino Pesce che ha riesaminato tutti gli incartamenti concentrandosi sulla donna già entrata nelle indagini e scagionata che oggi torna al centro delle verifiche e risulterebbe indagata nuovamente.

Indagini che sono costate alla criminologa una serie di messaggi di velata minaccia che sono al vaglio degli inquirenti.
Antonella Delfino Pesce, infatti, si è recata in più occasioni nella nuova abitazione dell’indagata, che poco dopo l’epoca del delitto si era trasferita in Piemonte, fingendo di volerla intervistare in merito al suo allontanamento dall’incarico di insegnante per motivi disciplinari.

L’indagata avrebbe scoperto il coinvolgimento della professionista nelle indagini riaperte e avrebbe inviato una serie di messaggi vocali via whatsapp alla criminologa nei quali, oltre alle offese e a quelli che vengono letti come tentativi di depistaggio, si potrebbero leggere anche accenni a velate minacce.
Ma è soprattutto il particolare dei “bottoni dimenticati” a colpire l’opinione pubblica.
Secondo le indiscrezioni di Stampa, infatti, all’epoca delle prime indagini vennero ritrovati nell’abitazione della nuova indagata alcuni bottoni compatibili e forse identici a quello trovato sul luogo del delitto, insanguinato e non riferibile ad alcun indumento presente in precedenza sul posto.

Un particolare che sconcerta poiché solo oggi un esperto di indagini genetiche, lo stesso che ha lavorato al caso dell’omicidio della piccola Yara Gambirasio, sta analizzando e comparando il DNA presente sull’oggetto e lo comparerà con quello dell’indagata.
Resta dunque da capire come mai un particolare così importante venne “messo da parte” in un momento delicatissimo delle indagini.

Nota: LiguriaOggi.it ha scelto di non pubblicare il nome della sospettata poiché la persona era già entrata nelle indagini uscendone completamente innocente e non ci sarebbero, al momento, nuovi elementi di prova tali da poter suggerire una possibile colpevolezza.