Bodrum – La sua ultima fotografia sta facendo il giro del mondo dando un pugno allo stomaco delle coscienze ma il piccolo Aylan Kurdi, 3 anni, era un bambino siriano come ce ne sono migliaia. Insieme al fratellino Galip, 5 anni, alla mamma Rehan, 35 anni e al padre Abdullah era partito dalla città di Kobane, in Siria, distrutta dai bombardamenti e assalita da fondamentalisti accecati dall’odio e soldati dell’esercito nazionale, e voleva andare in Grecia, sull’isola di Kos, diventata la nuova porta per l’Europa.
Ma Aylan non vedrà mai la Grecia e tantomeno l’Europa perchè è annegato in mare insieme al fratellino e alla mamma. Il suo corpo è arrivato galleggiando tra le onde alla spiaggia da dove è partito, a Bodrum, in Turchia.
Solo il papà è sopravvissuto all’orrore e per tutta la vita dovrà convivere con l’incubo di non aver potuto salvare la vita alla sua famiglia perchè non aveva neppure i soldi per comprare dei giubbotti di salvataggio.
La famiglia non si sarebbe fermata in Europa, voleva andare in Canada dove la sorella di papà Abdullah vive già da qualche anno, perfettamente integrata.
Il Canada ha però rifiutato il visto alla famiglia e il gruppetto ha pensato intanto di mettersi in salvo fuggendo da Kobane e dai bombardamenti.
Una fuga inutile, finita sulla spiaggia, con i corpi a rotolare tra le onde.
Ora le loro foto stanno scuotendo le anime e potrebbero convincere qualcuno che queste persone non sono feroci predoni che arrivano dal mare come avveniva ai tempi dei Saraceni. Non sono delinquenti in cerca di facili prede ma, piuttosto disperati in cerca di salvezza.
Chiunque abbia un figlio sa bene che, prima di metterli su una barchetta che può affondare da un momento all’altro e prima di farli navigare di notte senza neppure un giubbotto salvagente, qualunque padre, anche il peggiore al mondo, ci pensa non cento ma diecimila volte. E se lo fa è solo perchè l’alternativa è ancora peggio.
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