Genova – Ogni partita allo stadio Luigi Ferraris di Marassi costa dai 6 ai 9mila euro solo per pagare i vigili urbani e il servizio di posa in opera delle transenne.
A conti fatti, con 38 partite in calendario, si raggiunge una spesa oscillante tra i 228mila e i 342mila euro, ogni anno.
Le cifre sono state chiarite dall’assessore allo sport del Comune, Pino Boero, che ha anche precisato che alla polizia municipale vanno 4.500 euro a partita e che, attualmente, il servizio di posa e rimozione delle transenne è stato affidato direttamente alle società sportive di Genoa e Sampdoria.
Più difficile quantificare i “costi accessori”, quelli per l’Amiu che deve ripulire strade e marciapiedi dalla spazzatura gettata da tifosi maleducati e privi di senso civico, per le forze dell’ordine che garantiscono la sicurezza (carabinieri e polizia) e quelli legati alla posa in opera di cartelli stradali per ogni partita (con gli avvisi di chiusura strade e divieti di parcheggi).
A conti fatti lo stadio di Marassi non è poi quel “grand’affare” che si potrebbe pensare e se alle spese a carico della collettività aggiungiamo anche i disagi enormi per la popolazione residente, costretta a spostare l’auto sino a 12 ore prima di ogni partita e a allucinanti cambi di percorso per strade chiuse, senza contare i danni provocati da scontri e incidenti più o meno gravi tra tifoserie, si fa presto a capire perchè, a Marassi, siano in molti ad augurarsi che lo stadio si sposti altrove e che i costi vengano interamente sostenuti dalle squadre di Genoa e Sampdoria.
Secondo l’assessore, però, si tratta di spese sostenibili visto che le squadre genovesi sono “una tradizione”.
Poco importa se quelle stesse squadre incassano fior di milioni per la cessione ai canali Pay per View dei diritti delle partite e per la vendita dei biglietti e potrebbero certamente contribuire, pagando tutte le spese, ai magri bilanci del Comune.
La civica amministrazione può pagare le spese per lo stadio ma non riesce a trovare risorse per piccoli campi sportivi di periferia, per gli impianti sportivi a carattere sociale e per rinnovare palestre nelle quali anziani e bambini potrebbero fare attività e guadagnarci in salute.
Questione di scelte e di priorità.