È il danese Dennis Aabo Sorensen la prima persona al mondo ad aver recuperato il senso del tatto grazie a un polpastrello artificiale, collegato ad elettrodi impiantati nel braccio. Sorensen (amputato della mano sinistra) ha riconosciuto la differenza tra superfici ruvide e lisce nel 96% dei casi. “Percepivo la stimolazione – ha detto dopo l’esperimento – quasi come quella che avrei potuto sentire con la mia mano. Con il dito artificiale ho sentito le sensazioni sulla punta del dito indice della mia mano fantasma”. Si tratta di un risultato storico, ottenuto grazie alla collaborazione tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e il Politecnico di Losanna, oltre che l’Istituto San Raffaele Pisana, e il Campus Biomedico e Università Cattolica di Roma. È la prima volta nella storia che un paziente riesce a recuperare il tatto grazie a una protesi. “Siamo riusciti a dare a una persona amputata la percezione della rugosità di un oggetto – ha dichiarato all’Ansa il coordinatore della ricerca Silvestro Micera, che lavora sia a Pisa che a Losanna – e stiamo andando verso una maggiore capacità di dare tutta la ricchezza che la sensazione normale del tatto riesce a dare”. I risultati dello studio dell’equipe italo-svizzera sono stati pubblicati sulla rivista di settore eLife.
“È il primo risultato del genere al mondo e il prossimo obiettivo è sperimentare in più soggetti la percezione di superfici che si percepiscono normalmente nella vita quotidiana – ha aggiunto Calogero Oddo, dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna, primo autore dell’articolo – Abbiamo studiato gli impulsi naturali e li abbiamo riprodotti nel tatto artificiale”. Lo stesso test a cui si è sottoposto Sorensen è stato condotto su persone non amputate, con le sensazioni trasmesse ai nervi del braccio tramite aghi sottili. In questo caso la percentuale di riconoscimento è stata del 77%. “È entusiasmante aver dimostrato che possiamo restituire la sensazione della rugosità stimolando i nervi del braccio, in sistemi nervosi sia lesionati che intatti – ha dichiarato Stanisa Raspopovic, co-primo autore dello studio, del Politecnico di Losanna e della Scuola Sant’Anna – la ricerca sta finalmente spostando l’attenzione principale dal solo interrogarsi su quali elettrodi impiegare verso il loro utilizzo in modo ottimale, per ottenere sensazioni naturali tramite le protesi”.