Roma – Stimolare alcune aree del cervello e metterne fuori uso altre, per migliorare la capacità di lettura. È la tecnica usata da alcuni ricercatori della Neuropsicatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, in uno studio pubblicato sulla rivista Restorative, Neurology and Neuroscience. La ricerca (condotta in cooperazione con il Laboratorio di Stimolazione Cerebrale della Fondazione Santa Lucia), ha coinvolto 19 bambini e adolescenti dislessici di età compresa tra i 10 e i 17 anni. Parte di questi ragazzi sono stati sottoposti a un trattamento “placebo”, ovvero fittizio, mentre gli altri si sono effettivamente sottoposti a una terapia di stimolazione transcranica a corrente diretta (tDCS), che consente in una scarica elettrica (del tutto inoffensiva) sulle aree occipito-temporali-parietali sinistre. Entrambi i gruppi hanno seguito un training di lettura, consistente in 18 incontri di 20 minuti ciascuno 3 volte alla settimana per 6 settimane. Né i bambini né i ricercatori sapevano chi fosse sottoposto al trattamento fittizio e chi a quello reale. Alla fine del test, si è riscontrato un miglioramento del 60% nella velocità e nell’accuratezza nella lettura. In particolare, al termine della terapia si sono riscontrati miglioramenti tra le 0,5 e le 0,8 sillabe in più lette al secondo. Senza alcuna cura, con l’esercizio si può migliorare di 0,3 nel corso di un anno. Non vi è dubbio che la stimolazione elettrica abbia contribuito a tali miglioramenti in tempi rapidi. “Questa ricerca – ha commentato Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù – può aprire la strada a nuove prospettive di riabilitazione della dislessia, con una sostanziale riduzione dei tempi, dei costi della terapia e del disagio per le famiglie nel dover sostenere lunghi percorsi di cura e di ridotta efficacia documentata”. Gli stessi ricercatori hanno però voluto sottolineare come una terapia del genere non voglia sostituirsi alla logoopedia tradizionale, che rimane parte essenziale: “Va sottolineato che la tDCS non vuole sostituirsi – aggiunge infatti Vicari – ma integrare la terapia logopedica tradizionale, tanto che i nostri risultati dimostrano la sua particolare efficacia in combinazione con la terapia tradizionale”. Rimane inoltre da verificare quanto i miglioramenti ottenuti con tale terapia siano duraturi, oltre che i suoi effetti a distanza: “Come ogni terapia – spiega Giacomo Stella, fondatore dell’Associazione Italiana Dislessia e professore ordinario di Psicologia Clinica all’Università di Modena e Reggio Emilia (non coinvolto nello studio) – non va applicata a tutti e che vanno ancora studiati bene gli effetti a distanza”.