Genova – Sciopero dei lavoratori del settore privato della Sanità domani, lunedì 27 marzo. Ad incrociare le braccia i lavoratori delle strutture Anaste, ovvero l’Associazione nazionale che rappresenta le imprese private di assistenza residenziale agli anziani.
A Genova, dalle ore 10, in occasione della giornata di sciopero nazionale, le segreterie di Fp Cgil Fisascat Cisl Uiltucs Uil e Uil Fpl saranno in Prefettura per chiedere un incontro e rappresentare le problematiche derivanti dalla difficile vertenza che vede coinvolte lavoratrici e lavoratori che svolgono delicate mansioni di assistenza alle persone in stato di difficoltà.
Al centro della protesta le proposte, definite “inaccettabili” da Fp Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Uil Fpl, di Anaste al tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto nazionale applicato a circa 20 mila addetti del comparto socio sanitario assistenziale a livello nazionale.
Le categorie di Cgil, Cisl e Uil puntano il dito contro la richiesta dell’aumento dell’orario di lavoro da 38 a 40 ore settimanali; la riduzione, fino all’azzeramento, dei permessi retribuiti; l’azzeramento del pagamento dei primi tre giorni di malattia, l’aumento medio lordo di 19 euro dopo 8 anni di mancato rinnovo del contratto.
Proposte ben lontane dalle richieste sindacali che, nella piattaforma unitaria, rivendicano un aumento economico di 110 euro e l’adeguamento del sistema di classificazione, l’estensione delle tutele, a partire da malattia, maternità, formazione, il rafforzamento delle relazioni sindacali, al fine di valorizzare le professioni e dare il giusto riconoscimento al lavoro degli operatori tutti.
Proposte che per Fp Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Uil Fpl mirano ad unificare le condizioni di chi opera nel settore, e a contrastare il crescente dumping dovuto alla frammentazione contrattuale. Solo attraverso la tutela dei lavoratori è possibile migliorare la qualità del lavoro. Per queste ragioni è stato proclamato lo sciopero del 27 marzo in tutte le strutture interessate e su tutto il territorio nazionale, salvaguardando i servizi minimi essenziali all’utenza, per dire basta alla logica di fare profitto attraverso il peggioramento delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.