Genova – Seconda grande manifestazione di protesta per i ritardi nella ricostruzione del ponte Morandi e per chiedere che la politica si metta finalmente in movimento per dare alla città quelle risposte che aspetta ormai da troppo tempo.
Genovesi “arrabbiati”, senza bandiere e specifici riferimenti politici, si danno appuntamento questo pomeriggio, alle ore 17, in piazza della Vittoria per poi attraversare in corteo la città per arrivare in piazza De Ferrari.
Un corteo pacifico ma determinato, accompagnato solamente dal vessillo di San Giorgio che è stato per secoli il simbolo della città. Lo scopo dichiarato: dimostrare che Genova non se ne sta dell’elemosina, ma deve essere messa in condizione di fare da sé, come ha sempre fatto nella Storia.
questo il testo dell’invito lanciato dalle pagine Facebook degli organizzatori:
“La mattina del 14 agosto Ponte Morandi è crollato, portandosi via la vita di 43 persone e precipitando Genova in uno dei punti più bassi della sua storia millenaria.
Al di là delle responsabilità dei gestori e della politica, un buona parte della responsabilità morale ricade su tutti noi genovesi.
Per troppo tempo abbiamo lasciato che la nostra realtà invecchiasse, senza fare nulla, incapaci di pensare al futuro come qualcosa che ci riguarda tutti. Inoltre, non è possibile che lo Stato italiano lasci il nostro territorio nell’abbandono, nella mancanza di risorse, a elemosinare per le opere di cui ha bisogno, quando dal nostro porto passa un terzo di tutto il traffico marittimo italiano.
Presi dalla vita di tutti i giorni, dai nostri fatti privati, ci siamo dimenticati di essere una città, una comunità, un popolo, che può e deve far sentire la sua voce. E pretendere di essere ascoltato.
Che la tragedia di Ponte Morandi serva da sveglia. Chiediamo pertanto due cose.
Che almeno una parte della ricchezza generata dal traffico del porto rimanga alle istituzioni genovesi, come avviene a Marsiglia, a Barcellona, ad Amburgo. Non è giusto che Genova sopporti il peso di questo traffico, e non le resti niente. È una questione di giustizia; è una questione vitale: almeno il 10% dell’IVA generata dai traffici del porto deve rimanere alle istituzioni genovesi. Non possiamo più aspettare.
Secondo: che tali risorse vengano investite per progettare la Genova del futuro, in un grande progetto di trasformazione urbana che veda la collaborazione delle istituzioni e della società civile, e che sappia guardare al medio e lungo termine. Senza una prospettiva di sviluppo che duri più di un mandato amministrativo il destino della nostra città è segnato. Il resto d’Europa, il resto del mondo si stanno muovendo: non possiamo più rimanrere indietro.
Sabato 13 ottobre, partendo da Piazza della Vittoria, attraversando in corteo via XX Settembre fino a De Ferrari, ci manifesteremo per questi motivi, e dovremo essere migliaia; senza bandiere di partito, ma portando solo la Croce di San Giorgio, che è il nostro emblema. Partiremo da lì e andremo fino al Palazzo della Regione per dimostrare che Genova non se ne sta dell’elemosina, ma deve essere messa in condizione di fare da sé, come ha sempre fatto nella Storia.
Se saremo tanti lo Stato italiano ci dovrà ascoltare. È ora che la nostra comunità riprenda in mano il suo destino. Bisogna esserci. Riprendiamoci Genova. Che l’inse!”