Sanremo (Imperia) – Anche la settantunesima edizione del festival di Sanremo si è conclusa e ha incoronato vincitori i Maneskin.
Il rock vince, piace e convince sul palco dell’Ariston.
I Maneskin battono in una volata a tre Ermal Meta, favorito per la vittoria alla vigilia della kermesse canora, e il duo oramai collaudatissimo composto da Francesca Michielin e Fedez, anche loro dati tra i favoriti il primo posto.
Una vittoria meritata, segno di una rivoluzione musicale che parte dalle radici del rock ma che si veste in maniera nuova, ammiccando alla fluidità di genere.
Una metamorfosi in corso, sostenuta anche dai quadri di Achille Lauro che ogni sera hanno affrontato la necessità di essere, contrapposta alle dinamiche del mondo.
Il punto più alto ieri sera, durante la finale, quando Lauro, chiudendo una performance che lo ha visto con il petto trafitto di rose, ha esclamato “Dio Benedica solo noi, esseri umani”, sdoganando ogni tipo di distinzione.
Una partenza per questo festival diverso che ha impresso una svolta.
Tanti stili musicali diversi e tanti artisti, alcuni molto giovani, che hanno mostrato una qualità altissima, alcuni già sono esponenti della grande musica d’autore e altri sicuramente lo diventeranno.
Basti pensare a Madame, la diciottenne che con la sua “Voce” ha portato al Festival le sonorità della nuova generazione artistica, o a La Rappresentante di Lista capace di cantare un sentimento senza nome che ciascuno ha provato arrivando in maniera prepotente agli ascoltatori.
Ancora Colapesce e Dimartino, vincitori del premio della Critica Lucio Dalla con “Musica leggerissima”, o Willie Peyote e “Mai dire mai” che senza mezzi termini sbatte in faccia a tutti la società attuale e si porta a casa il premio della critica Mia Martini.
Impossibile non citare Max Gazzè, ironico e pungente, ogni sera calato nei panni di un personaggio diverso fino a diventare supereroe; ancora Annalisa, Arisa, Malika Ayane e Noemi, artiste dalla vocalità eccezionale che spesso passa in secondo piano.
La vittoria dei Maneskin è un ponte tra la storia musicale e la nuova impronta che questi giovani artisti sono in grado di dare, declinando lo stile attraverso un nuovo concetto di intendere il rock.
E’ stato un festival fatto di poltrone vuote, di nessun evento collaterale, ma tra protocolli rigidissimi a lasciare il segno è stata l’altissima qualità musicale.
Unica “pecca” è stata la lunghezza della scaletta.
Dirette sempre più lunghe con tempi rallentati tra le esibizioni dei cantanti in gara con la conseguente difficoltà nel seguire la trasmissione dall’inizio alla fine.
Non è la durata della diretta a determinare la riuscita e la bellezza della manifestazione, e questo Amadeus avrebbe dovuto gestirlo in maniera migliore ma va bene così, d’altronde Sanremo è Sanremo.