Genova – C’era un tempo nel quale, nel capoluogo ligure, si festeggiava la Befana del Cantunè e i genovesi, riconoscenti per il lavoro fatto per la sicurezza delle strade e del traffico, erano soliti lasciare ai piedi del vigile urbano “sulla pedana”, al centro degli incroci più difficili, pacchi e doni.
A testimoniarlo c’è la memoria di un numero sempre più ridotto di genovesi ma ci sono anche le molte immagini che ritraggono scene oggi impensabili per vari motivi.
I cantunè, come si chiamavano i vigili urbani, lavoravano come ogni giorno in piedi su pedane rialzate, indossando il celebre elmetto bianco e i guanti immacolati, necessari a risultare ben visibili in caso di maltempo o di giornate ancora troppo corte.
Tutto attorno venivano lasciati piccoli e grandi doni e, a fine giornata, tutti i regali venivano portati negli uffici e distribuiti a tutti gli agenti.
La Befana del Cantunè era un modo dei cittadini per ringraziare i vigili per la loro presenza sul territorio, per la sicurezza che trasmettevano e per l’energia con la quale intervenivano per risolvere piccoli e grandi problemi.
Probabilmente erano periodi nei quali il traffico era certamente meno intenso e caotico e le multe non erano parte integrante del gettito utile alle casse del Comune. Fatto sta che oggi una cosa simile non potrebbe più accadere e per svariati motivi.
Quello più evidente è che un agente in servizio è un pubblico ufficiale e, per legge, non può accettare doni, specie di una certa rilevanza economica.
Per questo motivo la Befana del Cantunè non è più celebrata e i secondi i maliziosi non è più possibile valutare, dal numero e dall’importanza dei regali, l’indice di “gradimento” dell’operato di quella che, oggi, si chiama Polizia Locale.