Genova – Era il 24 settembre del 1991, un inizio autunno come tanti ma il mondo stava per essere sconvolto dall’uscita dell’album dei Nirvana, Nevermind.
Un capolavoro della storia della musica che ci mise qualche mese a posizionarsi per bene al centro dei discorsi dei filosofi musicali che trovarono nelle tracce di Kurt e Co. la base per riflettere sul passato ma anche sul presente e soprattutto sul futuro del rock, cambiato drasticamente proprio dal secondo disco della band.
Il disco arrivò nei negozi di musica con le basse aspettative da parte della casa discografica ed in copertina presentava un’immagine che divenne iconica: un bimbo che nuota in piscina e che viene attirato dall’esca rappresentata da un dollaro.
Per la band, come già ricordato, si trattava del secondo disco che per tanti è stato riassunto come l’urlo della generazione che ha trovato in Kurt Cobain il portavoce di un malessere finalmente espresso, condito da una musicalità con sprazzi punk e melodie che strizzavano l’occhio al tormentone estivo ma che celavano compassione, angoscia e tanta rabbia.
Nevermind si piazzò in vetta alle classifiche l’11 gennaio del 1992, scalzando Dangerous, del Re del Pop Michael Jackson e divenne pietra miliare per la musica e per quanti si riconobbero, e tutt’oggi lo fanno, nel racconto dell’amore anche attraverso la sofferenza vendendo oltre 24 milioni di copie nel mondo.