Roma – La notizia che il cantautore romano Niccolò Fabi, classe 1968, avesse preso la decisione di abbandonare la musica è stata sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori fin dall’uscita dell’intervista pubblicata su La Stampa in occasione della settima edizione della manifestazione Le parole di Lulù, dedicata alla memoria della piccola Olivia (la figlia dell’artista e di Shirin Amini), scomparsa nel 2010 per una meningite fulminante a poco meno di due anni di età. Le parole riportate nell’articolo potevano essere fonte di malintesi, avendo dichiarato, parlando di musica, che: «Questa fase è finita nella maniera migliore. Per ora non sto scrivendo, ma so che tenterò di fare qualcosa di completamente diverso. Non penso di poter andare oltre una canzone come Vince chi molla», ma in pochissime ore parecchi titoli dei più disparati giornali online hanno riportato un clamoroso addio alla musica.
La smentita non ha tardato ad arrivare, con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook che ha tranquillizzato i fans che, disperati, hanno riversato commenti a fiume sotto ogni post relativo al ritiro dalle scene dell’artista che con le sue note e le sue parole ha saputo entrare e far breccia nei cuori del pubblico. Il testo, scritto di suo pugno, afferma: «Annunciazió Annunciazió. Ma dimmi te se mi tocca commentare un articolo che parla di me. In venti anni è la prima volta. E spero sia l’ultima. In molte delle persone che mi seguono in queste ore si stanno alternando “”disperazione”” ed accettazione dell’ineluttabile a causa di un superbrillante titolo che riprendeva una frase all’interno di un’intervista. Titolo ripreso a sua volta e declinato a più non posso, che annunciava il mio ritiro definitivo dalle scene. Ora, che ai titolisti dei giornali, soprattutto online, interessi il sensazionalismo acchiappaclick più che la verità e la completezza dell’informazione è una triste evidenza nota a tutti. L’abbassamento del livello giornalistico e la pigra fiducia che, malgrado questo, molti continuano ad avere in tutto ció che si legge on line hanno delle conseguenze gravissime nella nostra vita sociale e culturale soprattuto quando si trattano argomenti ben più rilevanti che il presunto addio alle scene di un cantautore di nicchia.
Ma qui la questione per me è delicata e mi tocca intervenire. Nell’italiano che frequento frasi come “considero conclusa una fase artistica della mia carriera”, “non credo di poter andare oltre in un certo tipo di canzone”, ” ho bisogno di una bella pausa in cui dedicarmi a progetti diversi” non sono esattamente sinonimi di “addio alla musica” o “ritiro definitivo dalle scene”. O forse sono solo sfumature? Scrivo questo solo per un motivo : A ottobre uscirà un disco raccolta e a novembre avró un importante concerto a Roma di fine tour. L’idea che qualcuno che non mi conosce bene possa pensare che dietro a quel tipo di esternazioni ci sia il misero progetto di vendere qualche copia o biglietto in più mi fa rabbrividire. Voglio tranquillizzarvi. A chi pensa di acquistarli per assistere alla pantomima di un addio, per guardare da vicino le lacrime di un uomo che se ne va per sempre, o per possedere il suo testamento, a coloro consiglio di non farlo, di non comprarli assolutamente. Potrei tornare tra due anni vestito in smoking rosa suonando in un gruppo salsa e merengue o in canotta tatuato di teschi in una band che fa solo cover dei Suicidal Tendencies. La libertà per cui ho lottato non contempla l’obbligo della scelta imperitura.
Detesto il bisogno di enfatizzare tutto pur di essere notati, l’epica contemporanea di rendere spettacolo qualsiasi cosa. Di trasformare ogni notizia in un allarme come ogni concerto in un evento. Quando me ne andró per sempre non credo che avró tempo e voglia di comunicarlo prima di un concerto o prima dell’uscita di un disco. Non è questo quello per cui ho lottato. Che è invece la libertà della scelta. La scelta di tacere o di parlare. E nel caso in cui ci fosse qualcosa da dire di farlo nei tempi e nei modi che si accordano alla mia natura. Nessun atto creativo significativo puó dipendere da un contratto o da un’aspettativa. In ogni caso grazie a tutti quelli di voi che mi hanno fatto sentire così importante anche solo per la paura di un mio presunto ritiro nel silenzio.
Per il resto vi prego non vi fidate mai dei titoli. Approfondite sempre. Non accontentatevi. Fine del requiem.»