Roma – In occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno, che va dal 1 al 7 ottobre, gli esperti della SIN, la Società Italiana di Neonatologia, stanno ribadendo l’importanza del latte materno nell’alimentazione dei neonati, in particolar modo per i nati prematuri.
Oltre al gesto in sé di attaccare i bimbi al seno, con il significato di legame profondo e affettivo loro e per le mamme, gli studi dimostrano che si tratta di un vero e proprio toccasana per i piccoli. Il latte materno, infatti, oltre ad essere «la migliore alimentazione possibile per il neonato» è anche un farmaco essenziale per i bimbi più fragili e sottopeso, che grazie ad esso riducono la possibilità di contrarre patologie come meningite, sepsi, entercolite necrotizzante e hanno così favorito lo sviluppo cognitivo.
Il problema sorge nel momento in cui mamma e figlio prematuro vengono separati per garantire la sopravvivenza del piccolo in caso di problematiche alla nascita, e quindi spesso questi bimbi sono penalizzati rispetto ai nati a termine. La soluzione, proposta dalla SIN, è abbastanza semplice ma sicuramente efficace: «Per una maggior diffusione dell’allattamento materno nel pretermine, il primo passo da compiere è consentire ai genitori un libero accesso ai reparti di Terapia Intensiva Neonatale, permettendo loro di conoscere precocemente il proprio bambino, di avere contatti prolungati con lui, anche attraverso la marsupio-terapia, e perché no, di familiarizzare col personale – spiega Mauro Stronati – La montata lattea, condizionata negativamente dallo stress della nascita, può presentarsi a qualunque età gestazionale. Le quantità di colostro prodotte, seppur minime, sono il più delle volte sufficienti per iniziare una minima precocissima alimentazione, fondamentale nei neonati critici».
In caso di impossibilità di allattamento al seno, il latte donato dalle mamme volontarie alle Banche del latte rappresenta una scelta preferibile rispetto a quello artificiale, e gli esperti del SIN sottolineano l’importanza di questa scelta soprattutto per i neonati più fragili, con peso inferiore a 1,5 Kg alla nascita, o a quelli ricoverati in terapia intensiva neonatale.