Milano – La selfite, ovvero il bisogno ossessivo di pubblicare selfie, è un vero e proprio disturbo mentale. A dichiararlo sono gli psicologi della Nottingham Trent University e della Thiagarajar School of Management in India, che hanno pubblicato uno studio frutto di un’attenta analisi del fenomeno, individuandone tre sottocategorie. I risultati sono stati divulgati sull‘International Journal of Mental Health and Addiction, dove ognuna delle categorie della selfite viene argomentata.
Il disturbo si definisce cronico quando esiste un bisogno incontrollabile di fare foto a sé stessi durante l’intero arco della giornata, postandole su Facebook, Instagram e gli altri social network per oltre 6 foto al giorno; se vengono scattate almeno 3 foto, ma non pubblicate sui social, la selfite viene definita borderline, mentre viene classificata come acuta quando tutti gli scatti vengono poi effettivamente messi in rete. Redigere questa classifica non è stato semplice, e ha coinvolto circa 400 persone in India, uno dei paesi che ha il maggior numero di morti correlate alla pubblicazione di selfie pericolosi. Attraverso una serie di domande, a cui veniva attribuito un punteggio finale sulla base delle risposte fornite dagli intervistati, gli psicologi hanno predisposto le differenti categorie di questo disturbo.
I ricercatori che hanno preso parte al progetto sostengono che gli individui maggiormente colpiti dal fenomeno soffrirebbero di scarsa stima di sé, e che avrebbero bisongo di attenzioni da parte del prossimo per migliorare il proprio umore, cercando di essere competitive sulla base del numero di apprezzamenti (like) ricevuti.
Per alcuni studiosi, però, la selfite sarebbe semplicemente un fenomeno a cui è stato attribuito un nome e che da questo deriva il rilievo: per loro, parlare di patologia appare davvero un’esagerazione.