Genova – Sono almeno 86 gli edifici costruiti dal Tredicesimo secolo ad oggi che sorgono su antichi rivi e che sarebbero quindi, a rischio idrogeologico.
L’allarme lanciato proprio dai geologi emerge da un convegno, “Conoscenza del Territorio e Mitigazione del rischio”, incontro che si svolge a cinquant’anni dalla frana di via Digione e che vede partecipanti attivi proprio l’ordine dei Geologi della Liguria, così come il centro Studi Sotterranei di SIGEA, la Società Italiana di Geologia Ambientale.
L’incontro, che si è svolto questa mattina all’interno dell’aula magna dell’Istituto Einaudi-Casaregis-Galilei in piazza Sopranis 5 a Genova, ha evidenziato diverse criticità presenti nel tessuto urbano.
Tra questi figurano l’Albergo dei poveri, la Commenda e le cisterne di Palazzo San Giorgio.
Carlo Civelli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria ha spiegato: “Il convegno non vuole essere un momento meramente commemorativo, ma un’occasione per rivolgere uno sguardo al futuro e riflettere sul corretto uso del territorio e la gestione dei rischi naturali, in particolare per quanto riguarda la prevenzione“.
Ancora Civelli aggiunge: “Rispetto a cinquant’anni fa la percezione sociale dei rischi naturali è notevolmente aumentata e le amministrazioni hanno aggirato i mezzi di conoscenza rendendo obbligatori gli studi geologi sia all’interno della pianificazione territoriale che per i singoli interventi. Tuttavia la conoscenza di un territorio soggetto a un estremo dinamismo come quello ligure, sia per quanto riguarda i processi geomorfologici sia per quanto riguarda le interazioni tra questi ed il costruito/costruibile, va costantemente aggiornata ed approfondita. La corretta gestione del territorio e la prevenzione dei rischi ha come base imprescindibile la conoscenza! Il convegno vuole quindi essere uno stimolo per le pubbliche amministrazioni e per la cittadinanza per aumentare la conoscenza del territorio e non sottovalutare in fase di gestione dello stesso le peculiarità e pericolosità che lo caratterizzano“.
Il Presidente del Centro Studi Sotterranei, Stefano Saj, ha aggiunto: “La conoscenza completa di un territorio, soprattutto in zona urbana, non può limitarsi alla sua superficie ma necessita di uno sguardo approfondito al sottosuolo e alle sue preesistenze antropizzate. Sotto la superficie della città di Genova si estende una fitta rete di gallerie e condotti che si ramifica per quasi cento chilometri e costituisce una sorta di “città rovesciata”. Cinquant’anni fa la frana di Via Digione demolì una parte di un condominio e ostruì gli accessi alla galleria del rifugio antiaereo scavato in quell’area nel 1943. Questo è uno dei ricoveri cosiddetti “in galleria” fatti approntare dal comune durante il periodo bellico. Il CSS ha condotto varie esplorazioni all’interno di quella e di molte altre strutture ipogee e da anni auspica ed è attivo perché Genova si doti di un Piano Regolatore del sottosuolo come già hanno fatto altri centri europei. Uno strumento che sarebbe fondamentale per una pianificazione urbana sostenibile e resiliente“.
Cinquanta anni fa, come ha ricordato il geologo Vittorio Bonaria, alle 18.40 del 21 marzo 1968, una massa di roccia stimabile in 16mila metri cubi di volume per circa 40mila tonnellate di peso, si stacca dal fronte di una cava abbandonata e travolse il sottostante condominio, facendone collassare un’intera area.
Trentaquattro appartamenti distrutti e diciannove morti, diciassette dei quali donne e bambini, furono una delle grandi tragedie che sconvolsero Genova, appena due anni prima della disastrosa alluvione del Bisagno che provocò la morte di 44 persone.