Genova – Giornalisti rinchiusi in un recinto, costretti ad ammassarsi per poter fare una domanda alle autorità presenti e in palese violazione delle norme (e del buon senso) anti coronavirus.
C’è un aspetto meno noto della cerimonia che ieri ha salutato la posa dell’ultima campata del nuovo Ponte per Genova che inorgoglisce la città e l’Italia intera: la violazione delle più elementari regole della sicurezza sul lavoro per giornalisti, fotografi e video operatori che hanno partecipato – chiusi in un “recinto” – all’evento.
Gli operatori dell’Informazione, giunti da ogni parte d’Italia e dall’estero, si sono ritrovati confinati in spazi angusti e delimitati da transenne mentre le autorità sfilavano a distanza costringendo alla calca e ad ammassarsi tutti in un punto per conquistare l’inquadratura più corretta e, soprattutto, per intercettare le dichiarazioni rese.
Gli inviati di grandi Agenzie come Reuters si sono allontanati rinunciando all’evento e protestando per le condizioni di lavoro ma la maggior parte dei presenti ha dovuto fare “buon viso a cattivo gioco” spesso costretta da contratti capestro con pagamento “a servizio realizzato” o dall’inesperienza delle “giovani leve”.
Una scena che non è sfuggita ai social che hanno rilanciato foto di giornalisti assiepati come sardine in scatola e certamente a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro.
Poco più in là, con mascherine e mantenendo le distanze di sicurezza, le autorità cittadine e nazionali hanno fatto dichiarazioni alla Stampa senza intervenire a sanare la situazione e nemmeno per chiedere che venissero rispettati i limiti previsti dalle norme che portano le loro firme.
In un comunicato l’Associazione Ligure dei Giornalisti stigmatizza l’accaduto:
“Arriva il presidente del Consiglio nel cantiere che sta ultimando il nuovo ponte della Valpolcevera. Una piccola folla di tecnici e operai, autorità e chissà chi altri circonda Giuseppe Conte. Sono tutti vicini, vicini. Più distanti, solo i giornalisti. Imbrigliati tra un terrapieno e una transenna. Vicini, vicini, loro malgrado. Conte si intravede per pochi istanti. Qualcuno prova a porgere, urlando, una domanda. Il premier tira dritto, forse non ha sentito, forse… I colleghi della stampa estera non hanno alcuna necessità di filtrare eventuali tracce audio: hanno da tempo abbandonato il luogo della cerimonia.
Ci vuole più rispetto per il lavoro di chi ha il dovere di informare l’opinione pubblica. Siamo consapevoli che in questa stagione non sia possibile azzerare il rischio, ma dubitiamo che confinare tanti colleghi in un angusto recinto sia il modo migliore per consentire loro di raccontare un evento che si vorrebbe simbolo della ripartenza di un territorio più volte ferito e talora vilipeso. Si rischia la salute e non si rende un buon servizio ai cittadini”.