A Genova si può commettere il reato di molestie sessuali senza che nessuno intervenga. Ne sono sempre più convinte le donne (e anche molti uomini) che hanno assistito attonite alla volgare e squallida scena avvenuta all’interno dello stadio Luigi Ferraris di Genova, tempio locale di uno sport che un tempo era glorioso e vive oggi uno dei momenti più bassi della sua storia.
I fatti sono noti anche se una coltre di colpevole silenzio è calata dopo le prime “denunce”. Un gruppo di tifosi, durante la partita Sampdoria – Inter, ha rivolto un coro squallido come chi lo giustifica, ad una ragazza che si guadagna lo stipendio curando il manto erboso dello stadio.
La giovane è stata costretta a fare il suo lavoro – peraltro indispensabile per far giocare uomini grandi e grossi e strapagati su un tappeto sufficientemente morbido di erbetta tenera – tra le urla belluine di chi la invitava a lasciar perdere lo strumento perchè “a rasarla ci pensiamo noi”.
Una frase che, rivolta alle loro madri, sorelle, fidanzate e figlie avrebbe scatenato una mega rissa da record ma che, rivolta ad una lavoratrice, secondo le menti annebbiate dei presenti, sarebbe addirittura “goliardia”.
La scena è stata ripresa dai social, ritrasmessa da molti siti online, discussa in alcuni articoli sui Media ma mai (sino ad ora) punita.
Nessun intervento del giudice di gara, nessun intervento delle autorità preposte alla sicurezza (le molestie sessuali sono un reato penalmente perseguibile) ma, soprattutto, un silenzio che cala inesorabile sulla vicenda, subito dopo il fatto.
In breve l’episodio scompare dai radar dei Media e dal “ricordo” dell’opinione pubblica.
E poco importa se la ragazza ha pianto, se ha pensato di lasciare il lavoro e se a ferirla sia stata più la “normalità” attribuita al coretto di mentecatti (perseguibili penalmente) che il gesto infame di chi pensa di poter fare quello che vuole allo Stadio, in nome del più squallido dei “panem et circenses”.
Sapevamo che allo stadio Luigi Ferraris di Marassi – come nella maggior parte degli stadi italiani – si possono sfogare gli istinti più bassi del genere umano. Sapevamo che tifosi per bene sono sempre più spesso ostaggio di milizie di teppisti camuffati da supporter e sapevamo che spesso si chiude un occhio su reati commessi “alla luce del sole”.
Ma ancora non sapevamo che si potesse molestare una donna impunemente e che il fatto non costituisse motivo di indignazione. E, francamente, la cosa ci sorprende molto in un momento storico in cui le donne lanciano un grido di allarme disperato proprio sul tema delle violenze e delle prevaricazioni.
Dopo il silenzio colpevole di chi queste cose dovrebbe denunciarle e di chi dovrebbe far rispettare le Leggi dello Stato in ogni angolo del territorio italiano, arriva anche la ridicola “difesa” di chi addirittura cerca di farci credere che sia ingiusto preoccuparsi delle molestie sessuali ad una ragazza, in pieno giorno, in uno stadio con migliaia di persone che non sono intervenute, quando a Kabul le donne tornano ad essere vittima dei Talebani e quando una ragazza che rifiuta il matrimonio combinato deciso dalla sua famiglia, viene fatta a pezzi.
Come se il Male andasse combattuto “per gravità” e non a partire dal proprio ambito diretto di conoscenza e possibilità.
Se non posso difendere le donne di Kabul perché oggettivamente lontane dal mio “raggio di azione” posso sempre pretendere che almeno quelle che vivono nella “civile” Genova possano lavorare in uno stadio senza essere vittima di molestie sessuali.
Se non posso improvvisarmi Sherlock Holmes per risolvere il caso della ragazza pakistana scomparsa e probabilmente uccisa dai familiari, posso almeno indignarmi se nessuno, dopo due settimane, è ancora intervenuto su un caso di molestia sessuale di gruppo avvenuta in luogo pubblico alla presenza di forze dell’ordine e autorità sportive.
E, per rispondere alla “provocazione” di certi trombettieri più realisti del Re, se non riesco a far rispettare le donne pubblicamente, in un luogo frequentato da decine di migliaia di persone, come posso anche solo pensare di ergermi a “faro della Civiltà” nei confronti di popoli che considerano le donne come oggetti?
Perchè oltre al silenzio colpevole arriva anche lo sproloquio dei “Soloni del Calcio”, di quelle persone che del Calcio vivono e mangiano e che forse sono talmente legate a quel mondo da essere cadute vittima della sindrome di Stoccolma che spinge le persone sequestrate a solidarizzare con i loro aguzzini e persino a giustificarli.
Non vogliamo neppure prendere in considerazione spiegazioni più “terra terra” e ancora più volgari e squalificanti perché si tratta spesso di illustri e stimati professionisti dei quali si ha profondo rispetto e stima.
Ogni corte ha i suoi cortigiani ed ogni potente ha i suoi “cantori” ed il Calcio, è noto, muove tanti, tantissimi soldi.
Speriamo che non ne muova talmente tanti da aver dimenticato che ogni uomo nasce da una donna e che la ragazza molestata sul campo dello Stadio Luigi Ferraris non è un oggetto acquistabile con il prezzo dei diritti televisivi.
Ci auguriamo che al coro indignato di chi chiede Giustizia si aggiungano anche quegli uomini che sanno ancora distinguere tra Goliardia e scherno e la responsabilità oggettiva di un gruppo di persone che pensa di essere “intoccabile” solo perché difesa da schiere di “avvocati del Diavolo”.
Chiedere le quote rosa non basta più, ora si deve decidere su quale lato della barricata stare. O si difendono le donne in ogni situazione o si è complici di chi le violenta e le tratta come oggetti.
Aggiornamento – sulla vicenda interviene anche il Centro Anti Violenza Mascerona che, in una nota sottolinea che:
“Nel giorno in cui sulla cronaca locale è riportata la notizia di una donna, l’ennesima, picchiata dal compagno, un giornalista scrive un lungo articolo in cui nega l’esistenza dei femminicidi in nome di quello che lui definisce “strabismo del politicamente corretto”. Non è la prima volta che si tenta di accusare le altre culture di essere maschiliste e non rispettare le donne, e nel contempo non si tiene conto della realtà che ci circonda.
Viviamo in un Paese in cui nei primi nove mesi del 2021 sono state uccise 83 donne da parte di un uomo con cui avevano una relazione.
Un Paese in cui, come confermano i numerosi dati ISTAT e i dati del Centro Antiviolenza Mascherona, la violenza contro le donne è all’ordine del giorno e ad agirla non sono solo uomini stranieri, ma anche italianissimi padri di famiglia.
Gli stessi dati dimostrano che il femminicidio esiste e non è un’invenzione delle femministe, come spesso alcuni giornalisti affermano manipolando la realtà.
Perciò crediamo sia inopportuno accendere il riflettore solo ed esclusivamente sui casi in cui l’autore è straniero.
Crediamo che questo sia un modo per allontanare la violenza da noi, per dire che è una cosa che non appartiene alla nostra società.
Ribadiamo ancora una volta che non è possibile fare una graduatoria per gravità dei diversi tipi di violenza considerato che tutti hanno radice nella stessa sottocultura misogina e patriarcale che li favorisce.
La violenza ci riguarda tutti e tutte e quello che è successo qualche giorno fa all’interno dello stadio di Marassi è l’ennesima dimostrazione.
Davanti ai cori sessisti rivolti a una lavoratrice da parte di una tifoseria, nessun giocatore o dirigente di società ha preso posizione”.
Un silenzio che, ribadiamo, dura da ormai due settimane