Genova – Sono ben 16 i tifosi del Genoa per i quali la Procura della Repubblica ha confermato la richiesta di rinvio a giudizio per presunte estorsioni ai danni della società e dell’amministratore delegato Alessandro Zarbano.
Secondo le ipotesi di accusa, tra il 2010 e il 2017, il gruppo di tifosi avrebbe costituito una associazione a delinquere finalizzata all’estorsione e alla violenza privata riuscendo, con minacce e organizzando “contestazioni” a far versare circa 320mila euro – per servizi che in realtà non sarebbero stati resi – nelle casse di aziende di cui erano soci e dirigenti “occulti”.
Tre tifosi erano persino finiti in carcere per una vicenda che – se confermata in giudizio – getterebbe una luce sinistra sulla gestione delle tifoserie in Italia.
Secondo le accuse, infatti, il gruppo era in grado di organizzare, gestire e “indirizzare” contestazioni anche violente, contro la squadra e la società, allo scopo di ottenere il pagamento di somme di denaro per “rabbonire” la tifoseria.
Contestati collegamenti con episodi di contestazione anche ai giocatori o di “assedi” alla squadra per chiedere un comportamento in campo “più impegnato”.
Ad alcuni degli indagati si contesta anche l’intestazione fittizia a prestanome di aziende e ditte di servizi che venivano pagate dalla società rossoblù per cercare di ottenere una “pace” allo stadio ma anche all’esterno.
Contestati anche comportamenti “violenti” e intimidatori che sarebbero stati usati da alcuni degli indagati per convincere altri gruppi della tifoseria rossoblu, a seguire le indicazioni date su contestazioni e il loro “rientro” a seguito dei presunti pagamenti.
Circostanze che andrebbero approfondite per chiarire una volta per tutte la presenza (o meno) di vere e proprie associazioni a delinquere all’interno degli stadi.