Gian Paolo Bregante, Cristina MariniSestri Levante (Genova) – Ha dichiarato di aver chiesto più volte aiuto al centro di igiene mentale della Asl 4 Chiavarese l’ex capitano di nave Gian Paolo Bregante, accusato di aver ucciso a colpi di pistola la moglie, Cristina Marini, “perchè non voleva curarsi per la depressione”.
L’uomo, accusato dell’omicidio avrebbe reso questa dichiarazione durante l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice che segue il caso e per questo potrebbe scattare una indagine parallela per accertare se il personale medico della Asl 4 abbia o meno ricevuto queste richieste di aiuto, in quali termini e se abbia risposto seguendo le linee guida o se, invece, ci fu un ritardo che potrebbe aver contribuito alla degenerazione della situazione o, quantomeno, non la evitò.
L’ex comandante ha dichiarato di aver assistito ad un peggioramento costante della moglie che, a suo parere, non avrebbe voluto curarsi e, per questo, i rapporti tra i due erano divenuti tesi e sempre più conflittuali sino al giorno in cui ha impugnato una pistola legalmente custodita – e che forse poteva essere sequestrata se fosse emersa la gravità della situazione tramite un controllo dei servizi sociali o del presidio medico psichiatrico.
Una vicenda che ricorda da vicino quella del giovane che uccise la sorella a coltellate sotto casa e che – secondo le accuse dei genitori – poteva essere fermato se medici e personale addetto avesse compreso la gravità della situazione.
Ora il presunto omicida verrà sottoposto ad una perizia psichiatrica per accertare le condizioni di salute nel momento dell’omicidio e nel contempo verranno analizzate le numerose email e comunicazioni che Bregante sostiene di aver inviato agli uffici, chiedendo aiuto, al punto da essere stato “ripreso” perché avrebbe “intasato la casella email”.

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