HomeGenovaCronacaNada Cella, al via il processo per la ragazza uccisa a Chiavari

Nada Cella, al via il processo per la ragazza uccisa a Chiavari

Nada CellaGenova – Dovrebbe partire alle 9 in punto, a Palazzo di Giustizia, il processo, atteso 29 anni, per la morte di Nada Cella, la ragazza di 24 anni trovata uccisa nell’ufficio dove lavorava, a Chiavari, nel maggio del 1996.
In aula saranno presenti amici e familiari della ragazza, per chiedere Giustizia per un omicidio rimasto insoluto per quasi 30 anni e che ha visto indagini iniziali con molte lacune ed eventi “inspiegabili”.
Sotto accusa, unica sospettata già dalle prime indagini – da cui però era uscita senza troppi problemi – Anna Lucia Cecere, insegnante di 57 anni che, all’epoca dei fatti, viveva a Chiavari e frequentava sia il titolare dell’ufficio del commercialista dove è stata trovata morta Nada e sia i luoghi del delitto.
E proprio una presunta gelosia per la vittima sarebbe la motivazione del delitto secondo le ipotesi di accusa. La donna avrebbe voluto eliminare una presunta “rivale” nel cuore del commercialista Marco Soracco e nel posto di lavoro cui ambiva.
Ipotesi che ovviamente andranno dimostrate visto che la donna, che si è sempre dichiarata innocente, esibirà un contratto di lavoro che la vedeva impiegata, all’epoca del delitto, nel ruolo di addetta alle pulizie nello studio di un dentista e proprio negli orari in cui sarebbe avvenuto l’omicidio.
I familiari di Nada Cella si dicono già soddisfatti perché il processo è partito e perché le ultime indagini hanno chiarito quantomeno il contesto in cui potrebbe essere avvenuto l’omicidio anche se resta da chiarire se la responsabile sia l’indagata o qualcun altro ancora da identificare.
Tra le prove a carico dell’imputata ci sono alcuni bottoni trovati nella sua abitazione e che sarebbero “compatibili” con quello trovato insanguinato sul luogo del delitto (ed inspiegabilmente non inseriti tra le prove all’epoca dei fatti), alcuni testimoni che posizionerebbero l’accusata nella zona del delitto negli orari in cui sarebbe avvenuto ma anche le telefonate anonime – registrate da chi conduceva le indagini – nelle quali una donna diceva di aver visto l’imputata uscire dall’ufficio di Soracco “sporca” per poi salire sullo scooter per allontanarsi in tutta fretta.
Una persona rimasta sino ad oggi anonima e che potrebbe essere uno dei pilastri del processo se venisse individuata o se si palesasse.
Un processo comunque “in salita” perché, almeno sin qui, non vede emergere prove “schiaccianti” ma solo una serie di elementi apparentemente convergenti su una verità che è stata nascosta per 29 anni.
Nell’aula del Tribunale, anche in considerazione della gravità delle accuse, dovrebbe emergere una verità in grado di sovvertire il principio di innocenza che resta valido per ogni cittadino italiano “sino a prova contraria”.
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Redazione Liguria
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