HomeGenovaCronacaRivolta nel carcere di Marassi, coinvolti 200 detenuti, 4 agenti feriti

Rivolta nel carcere di Marassi, coinvolti 200 detenuti, 4 agenti feriti

rivolta carcere Genova Marassi 4 giugno 2025Genova – Potrebbe esserci un regolamento di conti all’origine della rivolta scoppiata nel carcere di Marassi, in pieno centro abitato, con oltre 200 detenuti usciti dalle celle e che hanno distrutto due sezioni dell’istituto di pena per poi salire sui tetti e sui camminamenti per cercare di sfuggire ai nuclei speciali delle forze dell’ordine che intervengono in questi casi.
Per ore, nel quartiere della Valbisagno, si sono sentite urla, cori e oggetti metallici sbattuti contro le sbarre per richiamare l’attenzione e protestare per le condizioni in cui sono costretti i detenuti, con celle sovraffollate e carenza di spazi esterni ma anche per regolare i conti tra due diversi gruppi per un presunto tentativo di stupro.
Quattro agenti della polizia penitenziaria sono rimasti feriti mentre cercavano di proteggere e mettere al sicuro il personale medico e sanitario che è stato assalito forse con l’intenzione di farne ostaggi.
Gravi i danni alle celle della prima e seconda sezione che sono state letteralmente fatte a pezzi e devastate dai rivoltosi che hanno sfogato così la loro rabbia mentre fuori, attorno al carcere, scattava la macchina della sicurezza, con decine di auto delle forze dell’ordine a convergere nella zona, le ambulanze per i feriti e le auto della polizia locale che hanno bloccato corso De Stefanis e le vie limitrofe al carcere per motivi di sicurezza e per lasciare spazio alle emergenze.
Il personale amministrativo del carcere è stato fatto evacuare mentre gli agenti di sicurezza indossavano l’equipaggiamento anti sommossa per cercare di contenere la rivolta ed evitare possibili evasioni visto che i rivoltosi erano ormai saliti sui tetti e sui camminamenti che si trovano a pochi metri dalle strade e dalle case visto che la struttura sorge nel bel mezzo di un quartiere popoloso e da anni suscita perplessità e proteste proprio per questa “servitù” imposta alla città.
Alcuni detenuti hanno urlato la loro protesta sostenendo che un giovane avrebbe subito un tentativo di stupro dietro le sbarre, circostanze che sono ora al vaglio degli inquirenti chiamati a ricostruire quanto avvenuto e capire le motivazioni della protesta oltre, naturalmente, a denunciare gli episodi di violenza e di distruzione.
Non viene escluso, al momento, anche un possibile collegamento della protesta con la approvazione, proprio oggi, a Roma, del discusso Decreto Sicurezza che prevede proprio un inasprimento delle pene per i detenuti che protestano o organizzano rivolte in carcere.
Vengono previsti reati appositamente legati alle rivolte e viene punita anche l’azione passiva di chi, senza violenza e senza danni evidenti, semplicemente ostacola o rallenta le operazioni necessarie al mantenimento dell’ordine pubblico nelle carceri.
Il discusso decreto approvato oggi a Roma, in Parlamento, prevede, anche, tra gli altri, modifiche del trattamento per le donne incinte condannate per reati per i quali è previsto il carcere e che ora non potranno più evitare di finire in cella perchè, appunto in gravidanza.
In precedenza scattava il rinvio della detenzione per evitare che al nascituro i rigori del carcere ma questo consentiva ad una minoranza di persone di “evitare il carcere facendo figli”.
Il nuovo decreto rende facoltativo il rinvio e, di fatto, introduce la eventualità che una donna debba portare avanti la gravidanza e magari partorire dietro le sbarre e che il neonato trascorra anche lunghi periodi in un carcere.
Le reazioni politiche
“Quanto è accaduto nel carcere di Marassi è l’ennesima conferma di un sistema penitenziario al collasso. La rivolta di circa 200 detenuti, seguita a un presunto episodio di violenza tra reclusi, è solo l’ultima di una lunga serie di segnali di allarme che non possiamo più ignorare”, dichiara Armando Sanna, capogruppo PD in Regione Liguria.
“Marassi, come tante altre strutture in Italia, soffre da anni di sovraffollamento. Gli agenti lavorano in condizioni al limite della sostenibilità, con turni massacranti e pochi strumenti a disposizione. A tutto questo si somma una grave carenza di assistenza sanitaria e un aumento delle tensioni e delle aggressioni”.
“Non si può continuare a rispondere solo con misure repressive: servono politiche strutturali, investimenti seri, più personale e una visione che metta al centro la dignità di chi lavora e di chi sconta una pena. Il carcere non può e non deve essere un luogo dove i diritti si sospendono”.
“Nei prossimi giorni visiterò nuovamente il carcere di Marassi per portare la mia solidarietà agli agenti feriti e per verificare di persona la situazione. La politica ha il dovere di ascoltare, vedere e intervenire con serietà”, conclude Sanna.
La denuncia del Sindacato Polizia Penitenziaria SPP
“La terza rivolta in tre giorni – denuncia Aldo Di Giacomo, segretario generale del SPP –  oggi a Genova e in precedenza a Roma Rebibbia e a Vigevano, con il personale penitenziario che ha rischiato l’incolumità personale e con danni nelle tre rivolte per
centinaia di milioni, è l’ennesima riprova che la reazione non può essere affidata al GIO, il Gruppo di Intervento Operativo voluto dal Governo e incaricato specificamente di sedare le rivolte”.
“Altro che intervento tempestivo del GIO – scrive Di Giacomo – quando gli uomini del reparto arrivano è già tardi e solo per la capacità professionale del personale in servizio, in numero fortemente inadeguato, non si raggiunge la tragedia. Il sistema di intervento come stiamo dicendo da un anno, da quando il GIO è stato istituito, deve essere organizzato nel carcere dotando di strumenti e mezzi adeguati il personale ed in primo luogo incrementando gli organici. Il GIO non solo si dimostra non in grado di affrontare e tanto meno di prevenire la conflittualità tra detenuti e soprattutto di tutelare l’incolumità dei servitori dello Stato ma – aggiunge – sottrae personale già fortemente carente di almeno 20mila unità aggravando le attuali condizioni di lavoro di quanti prestano servizio nei 191 istituti. Siamo alla riprova del preoccupante stato confusionale di Governo ed Amministrazione Penitenziaria tra interventi per ristabilire il controllo del carcere e interventi per gestire la popolazione carceraria. Quello che continua a mancare – evidenzia
Di Giacomo – è un piano complessivo di intervento per affrontare in maniera organica i
problemi cronici di sovraffollamento, carenza organici, suicidi e morti per altre cause di
detenuti, oltre che aggressioni e violenze al personale, rivolte, traffico di droga, diffusione di telefonini. Per noi – dice il segretario S.PP. – le misure da mettere in campo sono
decisamente più complesse”.
Quanto al caso di presunta violenza sessuale di un detenuto che a Genova avrebbe
scatenato la rivolta esso ha “scoperchiato” una situazione che noi denunciamo da anni: sono decine e decine, ogni anno, i casi di violenze sessuali, sopraffazioni, umiliazioni subite da compagni di cella nei penitenziari come negli istituti per minori. Forse solo l’1 per cento
delle violenze sessuali in carcere viene denunciato, per paura, vergogna, con i più deboli
costretti a pagare l’assenza di misure di tutela personale”.
Per Di Giacomo “le possibilità di chi si trova in carcere non sono uguali per tutti, così chi ha più forza fisica, economica e mentale riesce a imporsi sugli altri. Di conseguenza c’è chi scambia vino, medicine, anche oggetti personali, per sesso. Una situazione che va di pari passo con l’aumento delle violenze sessuali, che non vengono denunciate quasi mai, perché i detenuti hanno paura di continuare ad essere “prede” degli altri carcerati e perché si temono altre ritorsioni. Le conseguenze per i detenuti che subiscono la violenza – continua Di Giacomo – sono devastanti specie a livello psichico sino a tentativi di suicidio e forme di autolesionismo. C’è poi l’emergenza diffusione di malattie infettive come l’Hiv che già ha raggiunto livelli allarmanti con alcune migliaia di detenuti (in gran parte tossicodipendenti) che risultano Hiv positivi, a cui si aggiungono i portatori attivi del virus dell’epatite B ed altre malattie a trasmissione virale. Continuiamo a sostenere che va urgentemente rivisto il cosiddetto sistema della “sorveglianza dinamica” che non consente di attuare controlli adeguati e misure di prevenzione in particolare contro gli stupri. È evidente che se fuori dal carcere stenta ad affermarsi la denuncia di violenze sessuali nel carcere questa tendenza è ancora più negativa per una serie di motivazioni che gli esperti hanno più volte indicato. Un
fenomeno rispetto al quale l’Amministrazione Penitenziaria volutamente non è in grado di
fornire dati specie se si pensa allo “scambio di sesso” di detenuti tossicodipendenti o
alcolisti in cambio di psicofarmaci e alcol”. La regione che sembra avere il numero più alto
di violenze è la Campania con 20 casi denunciati l’anno, seguita dalla Sicilia con 14”.
Chiede invece l’applicazione urgente del nuovo reato di rivolta in carcere Giuseppe Moretti dell’Unione Sindacati Polizia Penitenziaria
“Le indagini faranno chiarezza, ma il quadro è già evidente: personale insufficiente, carenza di sistemi di difesa e un’Amministrazione Penitenziaria che, pur consapevole delle evidenti difficoltà quotidiane nel gestire una popolazione detenuta sempre più incline a non rispettare le regole, sembra impegnata solo a scaricare le responsabilità sul personale con sanzioni disciplinari, demotivando chi è in prima linea”, questo il duro commento a caldo di Guido Pregnolato, segretario regionale dell’USPP in riferimento ai Momenti di estrema tensione verificatisi nel carcere di Marassi, a Genova, dove una violenta rivolta ha coinvolto circa cento detenuti. Un intero piano dell’istituto penitenziario è stato devastato, costringendo la Polizia Penitenziaria a intervenire in assetto antisommossa.
Secondo una prima ricostruzione, tutto sarebbe partito da un episodio di estrema gravità avvenuto il giorno precedente e di cui si sarebbero resi protagonisti tre detenuti. Le tensioni si sono propagate rapidamente in più sezioni del carcere. Alcuni detenuti sono saliti sui tetti, urlando slogan e minacciando nuovi gesti eclatanti.
Nel momento clou della rivolta, due agenti della Penitenziaria – intervenuti anche per proteggere il personale civile presente – sono stati presi in ostaggio, per poi essere liberati dopo circa un’ora.
Durante le operazioni di ripristino dell’ordine, alcuni agenti sono rimasti feriti, colpiti da oggetti contundenti.
Sul posto sono intervenute le unità speciali del GOM (Gruppo Operativo Mobile) e del GIO (Gruppo Intervento Operativo), mentre l’intera struttura è rimasta sotto stretta sorveglianza.
Attualmente, la situazione appare sotto controllo, ma il clima resta incandescente.
“Servono soluzioni urgenti per limitare gli spostamenti dei detenuti e ristabilire condizioni minime di sicurezza” aggiunge Pregnolato mentre sulla stessa linea Giuseppe Moretti, Presidente dell’USPP afferma che:
“La rivolta di Marassi è l’ennesima dimostrazione di un sistema penitenziario che stenta ad uscire dal collasso in cui l’hanno fatto precipitare decenni di disattenzione politica che hanno favorito illegalità e predominio della criminalità più efferata, facendo diventare le carceri italiane una polveriera sempre pronta ad esplodere”. Per il rappresentante nazionale dell’USPP “Il Governo e il Sottosegretario Delmastro stanno dimostrando attenzione e ne è prova anche l’odierna definitiva approvazione al Senato del decreto sicurezza che prevede tra le misure più importanti il reato di rivolta in carcere.
Un segnale importante è l’immediata applicazione del nuovo reato in risposta ai riottosi di Marassi , ma occorrono ancora ulteriori strumenti concreti per mettere in sicurezza il lavoro della Polizia Penitenziaria, tra cui un ulteriore incremento degli arruolamenti e l’attuazione di un piano per affrontare il problema dei detenuti con problematiche psichiatriche e di tossicodipendenza”. In conclusione Moretti e Pregnolato esprimono “solidarietà al personale coinvolto e a quello rimasto ferito, sperando che tali fatti siano definitivamente scongiurati mettendo in atto tutto i provvedimenti esemplari richiesti”.

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