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Lavagna, iniezioni e farmaci per far dormire anziani ricoverati in ospedale

ospedale LavagnaLavagna (Genova) – Farmaci e iniezioni ad anziani e malati “agitati” per non essere disturbati al lavoro durante i turni di lavoro in ospedale. E’ il sospetto degli inquirenti che indagano su presunti comportamenti inaccettabili tenuti da due infermiere di 30 anni in servizio all’ospedale di Lavagna. Una procedura che sarebbe stata utilizzata talmente spesso da avere un “nome in codice”. Gli infermieri intercettati dicevano “gli ho fatto un flash” riferendosi allo “sparaflashare” del film Man in black nel quale gli agenti segreti cancellavano la memoria delle persone con uno speciale “flash”.
Una brutalità che, se confermata, accenderebbe un nuovo preoccupante allarme per la sicurezza degli ospedali della Liguria dove il numero del personale è sempre più ridotto e dove si rischia che comportamenti criminali diventino sempre più diffusi per gestire in modo folle una situazione altrimenti ingestibile.
E proprio le persone più “difficili”, anziani con demenze e alzheimer e pazienti con dolori molto forti e che agitano il sonno venivano indotti al sonno con farmaci che potevano creare pesanti danni neurologici o condurre a ben altri effetti sulla salute precaria dei malati.
Persone incapaci di difendersi che restavano sole, la notte, magari perché i familiari non riuscivano a stargli accanto perchè impegnati al lavoro o con una famiglia cui badare, speranzosi di aver lasciato i propri cari affidati a persone coscienziose.
Una indagine che ha portato alla sospensione dal lavoro per almeno 8 mesi per i sospettati e l’accusa di sequestro di persona, abbandono di incapace e peculato per aver portato a casa propria scatole e fiale di farmaci usati poi nei reparti per “stordire” i pazienti.
In taluni casi, sempre secondo i sospetti, le due infermiere praticavano ai pazienti delle iniezioni di altri farmaci per “risvegliarli” e per ridurre i sintomi di letargia che avrebbero potuto far nascere sospetti.
Altri farmaci non prescritti dai medici che potrebbero aver causato altri danni a pazienti già critici o comunque con quadri clinici complessi.
Sempre secondo le ipotesi di accusa le infermiere si nascondevano in stanzini riservati al personale per dormire e riposare durante turni nei quali avrebbero invece dovuto essere ben vigili e in guardia per eventuali emergenze forse persino nascondendo altri lavori compiuti di giorno quando avrebbero dovuto riposare.
Tutte circostanze al vaglio degli inquirenti che potrebbero portare ad altre accuse anche più gravi come la possibilità che abbiano deriso i pazienti filmandoli o fotografandoli in situazioni degradanti o in palese violazione della privacy per poi inviarle ad amici o altri colleghi.
Comportamenti inqualificabili che purtroppo mettono in grave allarme i familiari dei pazienti che ora chiedono alle autorità di informare e rendere pubblico chi erano le vittime degli abusi per poter consentire denunce e l’avvio di cause civili sia contro le infermiere ma anche contro chi avrebbe dovuto sorvegliare l’operato delle donne e prevenire simili comportamenti, laddove venissero certificati.
I familiari delle vittime chiedono anche di accertare se le due donne, dopo essersi licenziate dall’ospedale di Lavagna, abbiano operato in strutture private o altri ospedali.

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