Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono 4 mila ogni anno le diagnosi di Hiv in Italia. Un dato che rende il nostro paese il secondo in Europa per incidenza del virus, secondo solo al Portogallo. Un pericolo ormai sottovalutato, relegato nell’immaginario collettivo al secolo scorso o alle zone più povere del pianeta, anche a causa – denunciano le associazioni – di una minor attenzione sul tema e meno campagne informative rispetto al passato. Inoltre, il sospetto di diverse associazioni è che i 4 mila casi annui siano sottostimati, a causa di una sostanziale stabilizzazione delle cifre dal 2010 a oggi. La questione è stata posta dalla Lega italiana per la lotta all’aids, al Comitato tecnico del Ministero della salute, all’Iss e infine anche al Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha ricevuto una lettera lo scorso dicembre. “Innanzitutto – spiega Massimo Oldrini, presidente Lila – non si sa quanti siano i test effettuati in Italia. L’Ecdc ci chiede che venga resa nota la base sulla quale vengono calcolati i 4 mila casi annui. Perché l’Italia non la comunica?”. L’assenza di numeri certi rende difficile intraprendere azioni concrete ed efficaci. “Manca pure una cabina di regia istituzionale” aggiunge Oldrini. Il Ministero della Salute starebbe lavorando a un piano nazionale per migliorare i flussi di informazioni, monitorare i finanziamenti alle regioni (che spesso spostano ad altre voci i fondi per l’Hiv) e incoraggiare l’accesso ai test in forma gratuita e anonima. Non tutti garantiscono infatti gratuità e anonimato, e la reticenza ad ammettere la malattia spinge molti a rinunciare ai test. Secondo le stime, il 40% degli ammalati non lo rivela ai famigliari, il 74% lo tiene nascosto al lavoro e il 5% non lo dice nemmeno al patner. Il motivo sta anche nel pregiudizio persino da parte di alcuni addetti ai lavori, e negli episodi di discriminazione cui ancora sono spesso soggetti i malati. Nell’immaginario collettivo, l’Hiv è ancora una malattia per categorie “a rischio” come omosessuali o drogati. La realtà è che dal 1985 al 2014 l’84,1% dei nuovi casi registrati è dovuto a rapporti sessuali non protetti, di cui il 43,2% di natura eterosessuale e il 40,9% omosessuale. La fascia d’età più colpita è quella tra i 25 e i 29 anni, e le zone più colpite sono i grandi centri urbani di Roma e Milano e l’Emilia. Il 27% dei casi di Hiv in Italia è straniero, portato dall’immigrazione in particolare dall’Africa.