Genova – E’ stato risolto il misterioso caso di inquinamento da dischetti di materiale plastico che nei giorni scorsi ha destato molta preoccupazione.
A fare luce sull’accaduto, grazie ad una intensa attività di indagini, ci hanno pensato le strutture centrali e periferiche del Corpo della Capitaneria di Porto e della Guardia Costiera.
L’allarme era scattato la settimana scorsa quando in più punti della costa del Tirreno Centrale, nell’Isola di Ischia, sul litorale campano e su quello laziale tra Fiumicino ed Anzio sono state ritrovate grandi quantità di dischetti di materiale plastico la cui provenienza non risultava per nulla chiara.
Nel corso dell’intensa attività ricognitiva presso gli assi fluviali (Sele, Mingardo, Lambro, Irno, Tusciano, Volturno, Sarno, Carigliano) ricadenti nel territorio di giurisdizione delle Capitanerie di porto di Napoli, Salerno e Gaeta, è stata verificata, nelle vicinanze di un impianto di depurazione che sorge in prossimità della foce del Sele e sugli argini dello stesso fiume, una ingente concentrazione di filtri analoghi a quelli rinvenuti sulle spiagge.
Ulteriori verifiche condotte nella zona del depuratore sospetto hanno portato il personale della Guardia Costiera ad accertare l’avvenuta fuoriuscita dei filtri a causa di un cedimento strutturale di una vasca dell’impianto. Una volta fuoriusciti, i dischetti si sono riversati nel Sale andando poi a confluire nel Mar Tirreno dove, per effetto delle correnti, sono arrivati sulle coste della Campania e del Lazio, fino a raggiungere il litorale meridionale della Toscana.
Mentre proseguono gli accertamenti sul depuratore, le informazioni finora raccolte sono state trasmesse all’Autorità Giudiziaria di Salerno che ha assunto il coordinamento delle indagini, delegandole alla Capitaneria locale.
Determinante è stata l’attività del personale del Nucleo Speciale d’Intervento (N.S.I.) della Guardia Costiera, coordinato dal Reparto Ambientale Marino (R.A.M.) cui il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha conferito espresso mandato al fine di fare luce sulla vicenda.
Una volta assodata la natura di “filtri a biomassa adesa” utilizzati per la depurazione delle acque reflue, gli accertamenti dei militari della Guardia Costiera, svolti in maniera capillare sul territorio interessato dal fenomeno, si sono orientati verso la conferma della principale ipotesi investigativa, ovvero che tali materiali fossero stati rilasciati da impianti di trattamento dei reflui attraverso lo scarico diretto in mare o nei corsi d’acqua in esso sfocianti.