Genova – Sei colpi di pistola hanno ucciso domenica scorsa Jefferson Tomalà, il giovane di origini ecuadoriane che si era barricato nella sua stanza, armato di coltello, minacciando di suicidarsi, e che ha poi aggredito gli agenti di polizia intervenuti per disarmarlo prima dell’arrivo del medico che avrebbe dovuto somministrare un forte calmante.
E’ quanto emerso dall’esame medico-legale ordinato dal magistrato che indaga su quanto avvenuto all’interno dell’abitazione e che deciderà se l’uso della forza è stato commisurato alle esigenze specifiche della situazione.
Secondo il medico che ha eseguito l’autopsia sul corpo del ragazzo ucciso, due proiettili sono rimasti all’interno del torace mentre altri 4 sarebbero fuoriusciti attraversandolo da parte a parte, colpendo organi vitali come polmoni e fegato e non hanno lasciato speranze di sopravvivenza.
Ora si attendono gli esiti degli esami tossicologici che accerteranno se il giovane abbia o meno assunto droghe o alcol che potrebbero averne alterato il comportamento.
Quanto emerso dall’autopsia ha chiarito anche le dinamiche dell’intervento degli agenti che verranno con ogni probabilità ascoltati nuovamente per ricostruire ancora una volta le varie fasi che hanno portato alla morte del ragazzo.
La madre avrebbe chiamato il 112 chiedendo l’intervento di personale sanitario ma le procedure hanno fatto scattare l’arrivo anche delle forze dell’ordine. Gli agenti dovevano disarmare il ragazzo prima che il medico potesse entrare per sedarlo e poi ricoverarlo in un reparto psichiatrico per le cure del caso.
Il giovane, però, non avrebbe gettato l’arma quando gli agenti glielo hanno intimato e sarebbe intervenuto un poliziotto con una bombola di spray urticante o lacrimogeno. Un particolare su cui i legali della famiglia hanno già presentato richiesta di verifica poichè l’uso di tale dotazione in spazi chiusi potrebbe non essere consentito dalle attuali normative.
Di fatto il giovane, invece di calmarsi, a questo punto si è agitato ancora di più ed avrebbe assalito i due agenti, ferendone uno in modo grave e facendo scattare l’uso delle armi da fuoco.
Un uso che, però, potrebbe essere andato al di là del lecito, come sostiene la famiglia, visto il numero elevato di proiettili che sono sarebbero stati sparati verso il ragazzo e il fatto che le ferite sarebbero tutte in “zone vitali”.
Un “eccesso di legittima difesa” secondo la famiglia del ragazzo, una reazione adeguata per salvare un collega secondo la difesa dell’agente indagato.