Savona – Conoscere il territorio per minimizzare i rischi a esso collegati e salvare vite umane.

Questo è l’appello del Consiglio Nazionale dei Geologi dopo il crollo del viadotto “Madonna del Monte” sulla A6, causato da una frana

“L’evento che si è verificato sull’autostrada A6 Torino-Savona – Spiega Francesco Peduto, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi – è simile a quello di qualche anno fa in Sicilia, che interessò il viadotto di Scillato.

Come esempio, cito anche il crollo del ponte sul Rio Santa Lucia, della statale 195 tra Cagliari e Capoterra dello scrso anno, ma sono purtroppo tante le criticità di tipo idrogeomorfologico che interessano le infrastrutture del Paese”.

Ancora Peduto prosegue: “Si stima che circa il 90% delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, bensì dovute a criticità idrgeologiche. In tal senso, le parole d’ordine sono sempre le stesse: prevenzione, manutenzione del territorio e delle infrastrutture, monitoraggi strumentali, satellitari e tecnico-esperti attraverso il presidio territoriale. Parole che ripetiamo spesso dopo ogni evento idrogeologico significativo, che purtroppo in Italia non riscono a diventare un fatto concreto”.

Sulla questione prevenzione intervniene anche Lorenzo Benedetto, consigliere e coordinatore della difesa suolo del Consiglio Nazionale dei Geologi: “Gli eventi piovosi degli ultimi giorni hanno determinato fenomeni alluvionali e franosi che, ancora una volta in diverse parti del Paese, hanno causato vittime e ingenti danni a strutture e infrastrutture. I primi dati dispobibili ci fanno ritenere che il crollo di un tratto del viadotto sulla A6 sia stato determinato da una frana di colata rapida di fango e detriti innescatasi nella parte alta del versante a causa, molto probabilmente, di ingenti quantitativi d’acqua provenienti da una strada presente nell’area di nicchia. Il materiale staccatosi si è successivamente incanalato nell’impluvio sottostante fino ad arrivare nella parte bassa dove ha impattato sulla struttura stradale determinandone il crollo. Dunque, siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che la sicurezza dei ponti e dei viadotti va assicurata non soltanto monitorando il degrado dei materiali che li costruiscono, ma come sosteniamo da tempo, vanno monitorati anche e soprattutto i rischi geologici a cui sono soggetti”.

“L’esigenza di un controllo assiduo dei versanti e dei corsi d’acqua- conclude poi Domenico Angelone, tesoriere del CNG – nasce da lontano, da quando nel 1968 fu presentata alla Camera la proposta di legge n. 886 sull’istituzione del geologo di zona, fià allora ritenuta a una figura atta a ‘colmare un vuoto nella nostra struttura preventiva e di pronto intervento nel quadro della difesa del suolo’. Dopo 50 anni quel vuoto non è stato colmato, nonostante quella proposta sia stata reiterata con regolare continuità a tutte le classi politiche che si sono succedute, e nonostante le numerose tragedie che negli utlimi 50 anni hanno devastato il Paese. Gli eventi di Savona hanno dimostrato come la conoscenza puntuale del territorio non può considerarsi mai acquisita in via definitiva poiché le dinamiche terrestri portano a cambiamenti delle condizioni morfologiche e idrogeologiche distribuite in archi temporali anche molto brevi. Solo la presenza continua di chi sa leggere il territorio, attraverso il presidio territoriale, può consentire di minimizzare i rischi, di proteggere le infrastrutture e di salvare vite umane”.