Genova – Primi indagati per l’inchiesta sugli anziani morti nelle RSA della Liguria. La Procura di Genova ha iscritti i primi sei nominativi nell’elenco delle persone sottoposte ad indagine per il reato di epidemia colposa.
Si tratterebbe dei direttori sanitari della Residenza Anni Azzurri Sacra Famiglia di Rivarolo, del Centro di riabilitazione, del Don Orione Paverano, della La Camandolina, della Residenza San Camillo e della Residenza Protetta Torriglia a Chiavari.
In queste ore i carabinieri del Nucleo Anti sofisticazioni (NAS) e gli uomini della Guardia di Finanza hanno effettuato diverse perquisizioni nelle strutture sotto la lente della Procura ed in altri istituti dove si sono registrati picchi sospetti di decessi e casi di contagio da coronavirus e molto materiale documentale è stato raccolto ed è ora al vaglio degli inquirenti che intendono accertare se sia stato fatto tutto il necessario per evitare la strage di anziani e per evitare la diffusione dell’infezione da coronavirus.
A far scattare le indagini le denunce dei familiari delle persone decedute ma anche l’evidenza – più volte negata anche dagli enti preposti alla sicurezza sanitaria – di un numero di decessi molto superiore alla media nel periodo febbraio – aprile di quest’anno.
“E’ evidente che in alcune residenze ci sia stato un numero troppo alto di morti – ha spiegato il procuratore capo Francesco Cozzi – L’indagine epidemiologica è ancora in corso, ma dai primi dati si vede che la curva dei morti è salita”.
Dalle prime informazioni trapelate risulterebbero casi di istituti dove ai dipendenti era stato chiesto di non indossare mascherine e dispositivi di protezione “per non spaventare i parenti” ma anche che alcuni responsabili delle strutture avrebbero denunciato “pressioni” da parte dei responsabili della salute pubblica affinché tenessero i pazienti nelle residenze, senza inviarli agli ospedali, per “non ingolfare le strutture pubbliche”. Comportamenti che, se accertati – potrebbero modificare i capi di accusa in ben altri e gravi reati.
E’ bene ricordare che l’iscrizione nel registro degli indagati non è una etichetta di colpevolezza ma solo un provvedimento necessario ad approfondire le indagini e per garantire all’indagato di potersi difendere nel modo più adeguato.
L’ordinamento della Repubblica Italiana prevede che una persona sia “colpevole” solo al pronunciamento della sentenza definitiva.