Genova – Le spiagge libere rischiano di diventare un miraggio estivo e il pericolo di un affollamento lungo i torrenti e sui pochi laghetti cittadini, cresce di giorno in giorno e l’ex consigliere comunale Paolo Gozzi “rinfresca” la memoria di una situazione che era insostenibile già prima dell’emergenza coronavirus.
“Torna alla ribalta delle cronache cittadine il tema delle frequentazioni estive del Torrente Varenna, di cui è corollario l’affollamento del bus 71 diretto a San Carlo di Cese – spiega Paolo Gozzi – È piuttosto normale e prevedibile che una situazione insostenibile in tempo di pace, diventi intollerabile in periodo d’emergenza”.
Il timore dell’ex consigliere comunale e di molti residenti della zona, è che il numero chiuso sulle spiagge, il desiderio di “spazi nuovi” e la crisi economica incalzante, spinga un numero molto alto di genovesi a scegliere di rivolgere all’entroterra la propria ricerca di un angolo tranquillo per un bagno rinfrescante o per la tintarella esiva.
“Nei miei cinque anni di impegno comunale – spiega Gozzi – mi ero appuntato di ricordare alla Giunta la tematica, non a fine maggio o ad inizio giugno quando già ha mostrato tutti i suoi aspetti più complicati, ma ad inizio aprile, quando i primi frequentatori prendono contatto col territorio e col fiume. E così ho fatto, con un’interrogazione ogni anno, perché credo profondamente nell’azione preventiva e non tollero la retorica dell’emergenza, che trascura fenomeni assolutamente prevedibili per poi cercare di metterci pezze in maniera scomposta, ma mediaticamente rilevante”.
“Sono sempre convinto – prosegue Gozzi – oggi come allora, che se fin dalle prime domeniche primaverili si mettesse in campo un’azione di controllo, di monitoraggio e di correzione delle inosservanze, si scoraggerebbero comportamenti deteriori e la loro degenerazione: mi riferisco a piccole cose, quali la sosta selvaggia, l’accensione di fuochi, l’accesso al bus in misura superiore alla sua capienza, fino ad arrivare a fenomeni più gravi e preoccupanti – purtroppo verificatisi – di violenza, guida in stato d’ebbrezza, vendita abusiva di bevande alcoliche, schiamazzi”.
Gozzi ricorda che a volte ha ottenuto la messa in campo di piccole misure che hanno oggettivamente migliorato la situazione, salvo poi veder degenerare la situazione non appena cessava la “continuità” degli interventi.
“Un punto su cui ho sempre cercato di insistere – spiega ancora Gozzi – era l’impossibilità di affidare il compito, in maniera spregiudicata ed anche un po’ipocrita, alla pattuglia di turno della polizia municipale, o al personale locale dell’Arma dei Carabinieri, o allo sventurato autista dell’AMT, a fronte di una situazione che richiederebbe un ben diverso dispiegamento di forze, sia in termini numerici che organizzativi: ogni volta mi veniva ovviamente opposta la scarsità delle risorse, ma direi che dopo questi due mesi di controlli a tappeto su passeggiate e parchi, di droni in volo sulle alture e controlli serrati nelle stazioni ferroviarie, di onnipresenza delle forze dell’ordine in ogni angolo cittadino, l’argomento è divenuto difficilmente sostenibile”.
L’ex consigliere comunale eletto nelle file del Partito Democratico ammette anche un pò di sconforto per le accuse di “razzismo” che gli venivano rivolte quando portava alla ribalta la situazione ingestibile della zona della Val Varenna.
“Ogni volta avvertivo che le mie istanze venivano lette attraverso la lente ideologica e sospettosa del razzismo, dell’intolleranza, della propaganda – spiega – per contro, le vedevo riprese e rilanciate da chi sembrava maggiormente disturbato dalla nazionalità dei bagnanti piuttosto che dalle situazioni di illegalità: e gli uni e gli altri non hanno certamente aiutato nella gestione serena della situazione che, non a caso, si ripresenta ciclicamente, in maniera sempre uguale, negli stessi termini, anno dopo anno”.
Con buona pace degli abitanti della Val Varenna, e anche con buona pace di quella famiglia di origine sudamericana che, nel 2007 si era rivolta all’allora giovanissimo Consigliere municipale, per segnalare per la prima volta il disagio di recarsi al fiume con i propri bambini per la presenza di elementi di disturbo e di situazioni di illegalità.
“Un appello – conclude Gozzi – che per la sua insospettabile provenienza mi ha sempre aiutato ad insistere nell’istanza, anche quando le accuse ed i sospetti di razzismo si facevano pesanti, talvolta irrisori, e mi facevano traballare un pò”.