Roma – Condannata a tre anni e mezzo di carcere, da scontare nelle prigioni del Marocco, per una frase “basfema” pubblicata su Facebook.
Si sta muovendo anche la Farnesina per cercare di trovare una soluzione all’incredibile caso di Ikram Nazih, la studentessa universitaria di Vimercate, in provincia di Monza e con doppia cittadinanza italo-marocchina che è stata arrestata appena sbarcata a Casablanca, in Marocco, per aver pubblicato su Facebook, due anni fa, una frase considerata “blasfema” per la religione islamica.
La giovane, che non aveva idea di essere “ricercata” in Marocco, è stata condannata per aver “ironizzato sul Corano” trasformando il testo di una sura del testo sacro musulmano in una sorta di “presa in giro” del divieto di consumare alcolici.
Una frase scritta per gioco, non pensando certo di offendere la religione e comunque pubblicata in un contesto ironico di cui si comprende facilmente che la giovane non intendeva certo mancare di rispetto ma, piuttosto, cresciuta in un ambiente laico e dove le Religioni (tutte) non costituiscono un “limite invalicabile” e non sono “intoccabili”.
E proprio su questo particolare, sull’ambiente laico e sulla non volontà di offendere nessuno, si basa la difesa della giovane che ha anche il sostegno “benevolo” di alcune comunità islamiche italiane che hanno lanciato una petizione per chiedere alle autorità del Marocco la “grazia” per la giovane.
Ma cosa ha scritto di così grave Ikram Nazih per essere arrestata e condannata a 3 anni e mezzo di carcere?
Sul suo profilo Facebook la ragazza avrebbe scritto, parafrasando una Sura del Corano: «In verità ti abbiamo dato il whiskey, e bevilo nel nome del tuo Signore, puro non mescolato con la Pepsi».
Una frase che, nell’occidente laico, farebbe sorridere ma che in Marocco, dove la religione di Stato è quella musulmana, è costato alla ragazza la condanna.
La giovane è stata fermata all’aeroporto di Casablanca dalla polizia locale che l’ha prelevata appena scesa dall’aereo e l’ha trasferita in carcere.
Una studentessa italiana – pur con doppia cittadinanza e quindi anche suddita del Re del Marocco, è stata trascinata in carcere e qui potrebbe essere costretta a rimanere per tre anni e mezzo a seguito della condanna per “attentato alla religione”.
La ragazza si stava recando in visita presso alcuni parenti e certamente non aveva idea del rischio che correva a rientrare in uno dei due Paesi di cui è libera cittadina.
Il caso, delicatissimo, vede ora impegnata la diplomazia e la fitta rete di collegamento tra le comunità islamiche italiane e quelle del Marocco.