Savona – Sono accusati di aver simulato un naufragio di una barca, praticando diversi buchi nello scafo con un trapano le due persone rinviate a giudizio dal G.I.P. di Savona, per il reato di naufragio o sommersione di nave. Si tratta del titolare di un cantiere nautico ed un diportista che, secondo l’ipotesi di accusa, avrebbero volontariamente affondato una imbarcazione da diporto che doveva invece essere demolita e smaltita.
La barca, infatti, della lunghezza di circa 9 metri, per lo stato d’uso e la vetustà, era destinata alla demolizione per il successivo smaltimento come rifiuto speciale. Una spesa consistente che potrebbe rappresentare il “movente”, tutto da dimostrare.
Evidenti, invece, le tracce dei buchi presenti nello scafo e che potrebbero essere stati praticati per consentire un più rapido affondamento.
L’attività di polizia giudiziaria svolta dal personale della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Savona è iniziata nel mese di gennaio scorso, in seguito ad una segnalazione di un passante che aveva avvistato, nel tratto di mare prospiciente il comune di Albisola Superiore (SV), a circa 50 metri dalla costa, una imbarcazione semiaffondata.
L’allarme, raccolto dalla Sala Operativa della Guardia Costiera, ha visto in un primo momento l’attivazione del dispositivo di ricerca e soccorso al fine di recuperare eventuali naufraghi.
Il personale della Guardia Costiera intervenuto con la motovedetta CP 2094, visto lo stato dell’imbarcazione (un semicabinato privo di motori ed arredi), scongiurata la presenza di naufraghi, ipotizzava fin da subito che l’affondamento non fosse conseguenza di un incidente.
Il relitto, trovandosi rovesciato e semiaffondato non risultava facilmente individuabile sia a vista che con gli strumenti di navigazione e poteva pertanto essere causa di eventuali incidenti trovandosi in un tratto di mare frequentato anche fuori stagione da diportisti, generalmente pescatori sportivi, e da unità da pesca professionali.
La Guardia Costiera si adoperava, al fine di garantire la sicurezza della navigazione, rimuovendo l’imbarcazione e rimorchiandola tramite ditta specializzata nel porto di Savona, dove veniva successivamente alata e posta sotto sequestro al fine di esperire le successive indagini di polizia giudiziaria.
Sia durante l’ispezione subacquea sia successivamente al recupero, il personale della Guardia Costiera notava la presenza di numerosi fori sullo scafo effettuati, presumibilmente, mediante l’ausilio di un trapano.
L’unità veniva identificata come un natante da diporto e l’assenza sia sullo scafo di sigle identificative (matricole d’iscrizione nei registri navali del diporto) che dei motori, impedivano al personale della Guardia Costiera di risalire subito ai legittimi proprietari.
Preso atto della situazione la Capitaneria di porto notiziava la Procura della Repubblica di Savona ipotizzando, a carico di ignoti, il reato di naufragio o sommersione di nave.
Dopo una complessa attività di indagine e con l’acquisizione delle immagini dei sistemi di videosorveglianza, veniva appurato che nella serata antecedente il ritrovamento, all’imbrunire, una unità a vela in uscita dal porto di Savona, procedeva a rimorchiare l’unità in questione in direzione Albissola per poi rientrare al proprio ormeggio qualche ora dopo priva dell’unità a rimorchio.
In coordinamento con la locale Procura della Repubblica ed a seguito di una minuziosa perquisizione volta ad acquisire documentazione inerente la proprietà o la gestione del natante, venivano identificati come autori del reato il titolare di un cantiere nautico ed il diportista proprietario del natante autore del rimorchio. Per i due soggetti è scattata la denuncia che potrebbe portare ad una pesante condanna penale nonché al risarcimento delle operazioni di recupero e smaltimento della barca.
Si specifica che al momento che non sono state adottate decisioni definitive essendo il procedimento in corso.