Genova – A sterminare i cinghiali del Bisagno potrebbe essere stata l’epidemia della peste suina africana. A confermarlo oggi la Regione Liguria che, attraverso l’assessore regionale alla Sanità Angelo Gratarola rende noto che gli esami medico-veterinari effettuati tra fine settembre 2023 e gennaio 2024 hanno trovato tracce della peste suina in 25 delle 26 carcasse di cinghiale rinvenute nel greto del torrente Bisagno
“Gli esami effettuati da Asl 3 tra la fine di settembre 2023 e gennaio 2024 sulle carcasse di cinghiale rinvenute nel greto del torrente Bisagno hanno rilevato in 25 casi su 26 la presenza del virus della Psa e tutto è stato comunicato con le corrette procedure”. L’assessore alla Sanità Angelo Gratarola interviene così in seguito all’interrogazione con risposta immediata presentata questa mattina in consiglio regionale dal consigliere d’opposizione Paolo Ugolini.
“Come comunicato dall’unico ente preposto a fare i controlli, e cioè la Asl, – aggiunge Angelo Gratarola – è risultato evidente dalle analisi condotte la presenza del Dna del virus della peste suina africana e quindi i tecnici della stessa azienda sanitaria hanno ritenuto non necessario effettuare ulteriori accertamenti su altre eventuali cause di decesso. Risulta quindi grave mettere in discussione la competenza del lavoro scientifico compiuto dai professionisti dell’azienda sanitaria dichiarando, come nel caso del consigliere d’opposizione, ‘che altri esperti abbiano ipotizzato altre cause di decesso’. Viene allora da domandarsi chi siano questi fantomatici esperti citati, a che titolo facciano queste dichiarazioni e se, valutando da vicino le carcasse, gli stessi esperti abbiano applicato i criteri di sicurezza stabiliti dall’ordinanza per evitare di ampliare la tramissione del virus”.
L’attuale quadro epidemiologico e i recenti focolai riscontrati nel contesto urbano della città metropolitana di Genova non consentono dunque dubbi sulle motivazioni del decesso di questi animali.
“In merito alla notifica del focolaio è bene infine ricordare – conclude Angelo Gratarola – che è stata effettuata da parte della Asl 3 sul sistema ‘Siman’, ovvero il Sistema Informativo Malattie Animali Nazionale come previsto dall’attuale normativa”.
Questa mattina, in consiglio regionale, il consigliere Paolo Ugolini aveva espresso perplessità per la moria di cinghiali che ormai sembrano “introvabili” nel Bisagno.
“I cinghiali stanziali del Bisagno – ha spiegato Ugolini – stanno morendo a un ritmo allarmante da settembre 2023. Oggi scopriamo che erano affetti da Peste suina africana. Peccato che ci sia voluta una nostra specifica interrogazione per scoprirlo e apprendere che l’Asl3 sta effettuando da allora indagini del caso. Francamente, non si capisce perché la Regione non abbia ritenuto opportuno comunicare subito alla cittadinanza preoccupata gli esiti delle diagnosi effettuate sulle carcasse e soprattutto perché si sia fermata alle prime indagini. E non si capisce perché l’assessore Gratarola abbia scelto di buttarla in polemica. La nostra interrogazione andava in questa direzione: chiedere per informare”.
Lo dichiara il consigliere regionale del M5S Paolo Ugolini, che poi spiega: “Dalla risposta, si evince che le indagini non sono state approfondite, perché non hanno infatti appurato al di là di ogni dubbio che i cinghiali sono morti solamente a causa della Psa. Ad ammetterlo è stato lo stesso assessore, quando ha dichiarato che poiché “la sintomatologia di un eventuale avvelenamento con anticoagulanti o rodenticidi risulta sovrapponibile con la sintomatologia dell’infezione da Peste suina africana nei suidi selvatici, ma considerando gli esiti delle analisi ed il contesto epidemiologico, la Asl 3 non ha reputato necessario formulare alcun sospetto avvelenamento nei cinghiali rinvenuti morti presso il greto del torrente Bisagno, essendo risultati infetti da Psa”. Grave che non si sia ritenuto doveroso completare le indagini per escludere un avvelenamento da anticoagulanti o rodenticidi”.
“Ricordo all’assessore che con un’ordinanza ministeriale del 9 agosto 2023 sono state prorogate le norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati. L’ordinanza è chiara e recita: “Il fenomeno degli avvelenamenti, oltre a rappresentare un rischio per animali domestici e selvatici, costituisce un grave pericolo per l’ambiente e per l’uomo, in particolare per i bambini. La disseminazione incontrollata di esche e sostanze tossiche è utilizzata, soprattutto in alcune aree del Paese e in alcuni periodi dell’anno, come strumento doloso per uccidere animali vaganti”, conclude.
Quale che sia la sorte dei cinghiali, resta il “mistero” delle carcasse. Nel greto del Bisagno gli animali si contavano a decine mentre le uniche carcasse segnalate sono state quelle individuate nel tratto davanti al carcere di Marassi quando i residenti fotografarono e filmarono l’agonia di una decina di esemplari con sintomi che non sembravano riconducibili alla pesta suina.
Dopo quel ritrovamento, cui era seguito l’ingresso di personale nell’area per recuperare le carcasse infette, non ci sono state segnalazioni analoghe nel resto della Valbisagno a fronte di decine e decine di animali presenti e segnalati. Di loro non c’è nessuna traccia e nessuna informazione.