Chiavari – Un mazzo di fiori in via Marsala ed un messaggio affidato ai social per ricordare l’omicidio di Nada Cella, la ragazza di 24 anni uccisa il 6 maggio del 1996, in circostanze ancora oggi da chiarire, nell’ufficio del commercialista Marco Soracco. Cosi Silvia Cella, cugina della giovane trucidata, ha voluto ricordare la parente uccisa ormai 28 anni fa e ce ancora oggi rappresenta un “caso irrisolto” tra i più dolorosi della Giustizia italiana.
“La giustizia si è dimenticata di te – ha scritto Silvia Cella sui social – Oggi come allora è il 6 maggio, oggi come allora è lunedì. Sono 10.227 giorni che manchi, sono 10.227 giorni che aspettiamo giustizia”.
Il cold case dell’omicidio di Chiavari è certamente molto particolare ed inspiegabile è soprattutto il modo con il quale sono state gestite le indagini all’epoca dei fatti. L’attenzione si è subito concentrata sul commercialista per il quale Nada Cella lavorava, quel Marco Soracco entrato ed uscito dalle indagini diverse volte ed ancora oggi in attesa che la Giustizia metta la parola fine ai sospetti.
Vennero poi sottovalutati alcuni ritrovamenti sul luogo del delitto come un bottone molto simile a quelli poi ritrovati – e mai inseriti nel fascicolo principale delle indagini – in casa di un’altra indagata, Anna Lucia Cecere, entrata (e uscita) anche lei più volte nelle indagini.
Ed infine non venne seguita con la dovuta attenzione la pista delle numerose telefonate anonime fatte da una donna che raccontava di aver visto una persona in particolare, proprio il giorno dell’omicidio, uscire dal palazzo dove avvenne il delitto e con gli abiti “sporchi”. Particolari che sarebbero stati notati da altre donne – le famose “signorine” di cui si è molto parlato accostando il termine ad una appartenenza ad un’associazione religiosa o comunque a frequentazioni all’ambiente della Chiesa.
Telefonate cui non si diede allora un volto e che a distanza di 28 anni, trattandosi probabilmente di una persona anziana, non sarebbe più possibile identificare nell’autore.
Il caso era già stato archiviato una prima volta ma tre anni fa, a seguito delle ricerche di una criminologa, erano stati trovati elementi sufficienti ad una riapertura del caso che è finita con una nuova archiviazione alcune settimane fa.
Non si è potuto isolare il dna del colpevole sui nuovi reperti e non si è potuto identificare il dna della vittima sui reperti sequestrati all’unica indagata.
La vicenda resta aperta ed una richiesta di annullamento dell’archiviazione è stata presentata ma le possibilità che il caso di Nada Cella venga risolto appaiono sempre più ridotte al lumicino.