HomeGenovaCronacaProcesso per l'omicidio di Nada Cella, conferme sui bottoni ritrovati

Processo per l’omicidio di Nada Cella, conferme sui bottoni ritrovati

Nada CellaGenova – Il bottone ritrovato insanguinato sul luogo del delitto di Nada Cella, la ragazza uccisa nel 1996 in circostanze ancora tutte la chiarire, era uguale a quelli trovato in casa dell’attuale indagata per omicidio e che erano rimasti “esclusi” dalle prime indagini condotte all’epoca dei fatti.
A stabilirlo i perito ed esperto di bottoni Stefano Cannara, genovese, e da sempre alla guida dell’azienda fondata dal nonno e che produce bottoni.
Secondo il perito il bottone ritrovato sul luogo del delitto e che non apparteneva ad alcun capo di abbigliamento presente sul posto, era identico a quelli trovati durante le prime indagini dei carabinieri e mai inserite – per motivi incomprensibili – tra le risultanze trovat di carabinieri.
Un dettaglio che potrebbe collocare l’indagata sul luogo del delitto e che rende ancora più misteriosa la serie di “errori” che sarebbero stati compiuti all’epoca del delitto, nelle indagini svolte dalla procura di Chiavari.
In aula sono stati ascoltati diversi altri testimoni, tra loro anche uno dei fratelli dell’indagata che ha rivelato particolari tristissimi sulla vita della donna. Come ad esempio che come i fratelli veniva abitualmente picchiata dal padre e che era stata data in affido alla parrocchia di Chiavari quando il padre era morto, travolto da un’auto dopo che aveva appiccato il fuoco alla casa di famiglia con figli dentro.
L’uomo ha anche rivelato di aver tentato di riallacciare i rapporti con la sorella ma di averla sempre trovata un pò strana e gelosa e di aver avuto dei dubbi, all’epoca del delitto, sul fatto che potesse essere in qualche modo coinvolta poiché chiedeva di non parlare del fatto al telefono Preferendo non parlare al telefono della vicenda.
Al banco dei testimoni anche un ex fidanzato dell’unica indagata per l’omicidio, già entrata ed uscita dalle indagini ai tempi dei fatti.
L’uomo ha raccontato che la ex compagna aveva chiesto di testimoniare che la loro relazione era finita tempo dopo la reale data e di aver pensato che fosse una richiesta legata alla possibilità che l’indagata potesse essere accusata di aver avuto dell’interesse per il commercialista Marco Soracco all’epoca dell’omicidio. Particolari sempre negati e che potrebbero costituire un “movente” per il delitto. Una delle ipotesi accusatorie, infatti, prevede che l’assassinio sia avvenuto a seguito della gelosia per il posto di lavoro e nel cuore del commercialista.
La nuova udienza ha fornito alcuni elementi importanti per sostenere l’ipotesi accusatoria dopo alcune altre nelle quali sembrava che ogni “pista” portasse ad un “nulla di fatto” per quanto riguarda la possibilità di trovare delle prove.

Redazione Liguria
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