Genova – Torna in aula oggi, con la replica della Difesa, il processo per l’omicidio di Nada Cella, la ragazza di 24 anni uccisa, il 6 maggio del 1996, nell’ufficio del commercialista Marco Soracco, a Chiavari.
La parola passa agli avvocati delle difesa di Annalucia Cecere, unica indagata per l’omicidio e già entrata – per uscirne quasi subito – nelle criticatissime indagini dell’epoca. Difesa che cercherà di smontare una per una le circostanze che potrebbero indurre a pensare alla colpevolezza dell’indagata ma che, singolarmente, non costituirebbero una “prova regina” che possa inchiodare la donna alla colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio“.
Uno dopo l’altro si cercherà di spiegare circostanze, sospetti, presunti moventi ed elementi indiziari che sono stati portati in aula dall’accusa per arrivare ad una condanna che, però, per la Legge italiana, dovrebbe arrivare solo se le prove di colpevolezza sono univoche e se tolgono ogni dubbio sulla responsabilità dell’indagato.
Circostanze come la presenza sul luogo del delitto di un bottone simile a quelli trovati nella casa di Cecere e mai realmente presi in considerazione dal giudice che indagò all’epoca, le testimonianze purtroppo senza un nome, della donna che al telefono disse di aver visto l’indagata vicino al luogo del delitto e “sporca” o la ricostruzione dell’accusa secondo cui Cecere e Nada Cella si conoscevano e l’indagata avrebbe ucciso per “gelosia” per prendere il posto della giovane al lavoro e nel cuore di Soracco.
Circostanze che la difesa dovrà confutare o anche solo ricondurre a semplici elementi che sembrano portare ad una conclusione ma che non dimostrano oltre ogni dubbio la colpevolezza di Cecere.
Intanto slitta ancora l’udienza finale, quella che emetterà la sentenza definitiva sul caso.
Inizialmente prevista entro il 2025 sembra ormai destinata a slittare almeno al gennaio 2026 portando al limite dei 30 anni il tempo necessario per chiarire il cold case dell’omicidio di Chiavari rimasto sino ad ora senza un colpevole
