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Fratelli Cervi, sindaca Salis a Reggio Emilia: fascismo non può fucilare un’idea

Silvia Salis sindaco GenovaGenova – Questa mattina la sindaca di Genova, Silvia Salis, ha partecipato, nella Sala del tricolore al Palazzo del Comune di Reggio Emilia, alla commemorazione per l’82esimo anniversario dell’eccidio dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, avvenuto all’alba del 28 dicembre 1943 ad opera dei repubblichini. «Ci sono storie che non chiedono solo di essere ricordate. Chiedono di essere raccontate – ha detto Salis nel suo discorso – il massacro dei fratelli Cervi non è una tragedia privata. È una domanda pubblica. Una di quelle domande che attraversano il tempo e tornano, puntuali, ogni volta che una società deve decidere da che parte stare». La sindaca ha ricordato che i fratelli Cervi «Erano una famiglia: la loro casa era aperta ai fuggiaschi, agli stranieri, ai disertori, a chiunque scappasse dalla guerra e dalla violenza. Come Quarto Camurri, che morì con loro. Casa Cervi non era solo una casa: era un’idea di Paese. Quando il fascismo chiedeva silenzio, loro offrivano rifugio. Quando chiedeva obbedienza, loro sceglievano la libertà». Per Salis, questa giornata è «Il ricordo di un atto vile e codardo. Di una viltà e di una codardia di cui gli stessi repubblichini erano consapevoli perché lo hanno consumato in fretta e furia, di nascosto». Salis ha sottolineato che «Il fascismo ha sempre avuto questa ossessione: non eliminare solo le persone, ma spezzare l’idea che portano. Ma qui sta il punto. Il punto che il fascismo non ha mai capito. Si possono fucilare sette uomini. Non si può fucilare un’idea. La libertà è un ciclo. Ogni volta che qualcuno prova a spezzarla con la forza, qualcun altro la risemina. Ecco cos’è l’antifascismo. È la fiducia ostinata nel genere umano e nella sua capacità di seminare, di amare». Oggi, ha proseguito la sindaca, «Non siamo chiamati a imbracciare fucili. Ma siamo chiamati a non disarmare la coscienza. Perché il fascismo non torna mai uguale. Torna quando smettiamo di riconoscerlo. Nessuna società è immune, nessuna democrazia è garantita per sempre sulla carta». Salis ha aggiunto che «Più volte mi è stato chiesto se ha ancora senso, nel nostro tempo, dirsi antifascisti. E la risposta è semplice: non solo ha senso, ma è necessario. Non dobbiamo mai stancarci di dirci antifascisti esattamente come non dobbiamo mai stancarci di chiamarci per nome. Antifascismo è il nome dei fratelli Cervi, del popolo italiano, è il nome della nostra Costituzione, è il nome del sangue che è stato versato sulle colline che ci circondano, sui monti che stanno alle spalle della mia Genova. Antifascismo è il nome delle tante donne che hanno reso possibile la Resistenza. Con la loro lotta, con la loro sofferenza. Come quella di Genoeffa Cocconi. Che ha visto morire i suoi figli, che non ha potuto seppellirli. E che non ha retto al ricordo del dolore, all’infamia fascista che dopo i figli ha provato a toglierle anche la casa e tutto il poco che le rimaneva». Per Salis, «Non bisogna mai abbassare la guardia. L’antifascismo richiede vigilanza. Perché il fascismo prospera nell’apatia, non nel conflitto. Non ha bisogno di folle fanatiche: gli bastano cittadini stanchi che delegano tutto, che pensano che la politica sia sempre sporca, quindi tanto vale non toccarla. Essere antifascisti oggi significa difendere chi è più fragile, anche quando non ci conviene. Significa accettare che il potere vada sempre controllato, soprattutto quando ci piace. Significa ricordare che la libertà di parola vale soprattutto per chi dice cose che non ci piacciono. Il fascismo ha superato i confini di sé stesso, ed è diventato sinonimo di ‘male assoluto’. Eppure, incredibilmente, ancora qualcuno fatica a definirsi antifascista».
La sindaca ha poi annunciato che «Molto presto anche il Comune di Genova aderirà formalmente all’Istituto Alcide Cervi. Ne abbiamo parlato in giunta, accogliendo il vostro invito. E presto approveremo tutti i documenti necessari». Salis ha manifestato il desiderio «Che il prossimo 25 aprile, con la collaborazione dell’Anpi, anche a Genova organizzassimo una grandissima pastasciutta antifascista, a cui far partecipare tutta la città: un’unica grande famiglia unita a Casa Cervi». Infine, citandolo, Salis ha definito Alcide Cervi, padre dei fratelli, «Una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta. Poi, anche la quercia è morta, ma vorrei fare mio il suo invito: ‘Guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo». Perché «Dopo un raccolto ne viene un altro». La cerimonia è poi proseguita al Poligono di Tiro, sito della fucilazione, per un omaggio alla lapide. Nel pomeriggio Salis visiterà anche Casa Cervi e il museo a Gattatico.

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