Genova – Moltissimi “Vip” e nessun garofano rosso, questa mattina, nella chiesa di Santo Stefano, proprio sopra via XX settembre – e vicino al suo studio legale – per Gregorio “Nino” Catrambone, pilastro del Partito Socialista genovese dagli anni 60-70 e sino al suo disciogliemento di fatto, nei primi anni 90.
Il feretro di Gregorio Catrambone ha fatto il suo ingresso in una chiesa gremitissima di amici e compagni di mille battaglie politiche ma rigorosamente accompagnata solamente da un mazzo di rose bianche.
Un particolare che ha notato per prima l’ex sindaco di Genova, Marta Vincenzi, che aveva dato uno “spazio” per ultima al PSI genovese, attribuendo a Giuliano Pennisi, amico e rivale di Catrambone, la presidenza di Asef, l’azienda di servizi funebri del Comune di Genova. Una decisione che a molti era apparsa come un sottile ed ironico messaggio politico.
Amaro anche il commento di Arcangelo Merella, ex assessore e rimasto ormai l’unico vero punto di convergenza dei transfughi socialisti post disastro di Tangentopoli e post richiami delle sirene di Forza Italia.
“Ormai i socialisti si vedono solo ai funerali – ha scherzato amaro l’ex assessore – è l’unico posto dove li ritrovi uniti”.
A colpire di più i tanti protagonisti della politica genovese presenti alla cerimonia sono stati gli “assenti”.
Non c’era Claudio Burlando che volle Gregorio Catrambone come vice sindaco nel 1992 quando salì a Tursi come primo cittadino e non c’erano i garofani, i fiori rossi che sono il simbolo stesso del Partito Socialista.
Non è chiaro se si sia trattato di un altro “messaggio” o, piuttosto, di una scelta della famiglia. Ma l’episodio ha fatto discutere e parecchio.
Non sono mancate, invece, le bandiere del partito, ma solo quale estremo omaggio da parte di tanti ex compagni di battaglie politiche.
Genova ha reso omaggio a Catrambone dimenticando forse le tante amarezze imposte all’uomo durante gli anni difficili in cui anche solo essere stato iscritto al PSI era fonte di dileggio e di accuse infamanti.
Anni di caccia alle streghe e di ostracismo che hanno distrutto un movimento politico che ha segnato la Storia.
Il tempo, galantuomo, ha poi dimostrato l’innocenza e che le persone e non le idee sbagliarono ma soprattutto che non fu quella la fine delle ruberie. Cambiano i partiti ma non gli errori.