Genova soffoca lentamente sotto gli effetti del crollo di ponte Morandi e il decreto che dovrebbe fornirle ossigeno, con fondi e norme ad hoc per la ricostruzione, continua a rimanere a Roma per essere “modificato e ritoccato”. Sta causando conseguenze difficilmente quantificabili ora, ma terribili e concrete quando verranno “contabilizzate” il rimpallo di responsabilità che si registra a Roma dove il provvedimento continua ad essere “annunciato” ma che deve essere modificato per diversi motivi, tecnici e “politici”.
Da più parti si lamenta l’inadeguatezza del decreto più volte rimaneggiato in fase di presentazione e ora arriva la notizia che, per passare al vaglio del Parlamento dovrà essere ancora modificato. Ufficialmente per aumentare i fondi previsti per la città, troppo bassi nella prima versione, ma spuntano anche contrasti sulla scelta di escludere completamente Autostrade per l’Italia dalla ricostruzione e sui poteri che verranno attribuiti al neo commissario per la ricostruzione, il sindaco Marco Bucci.
Il decreto Genova torna “in cantiere” e verrà modificato nelle parti riguardanti le somme destinate a coprire le spese di ricostruzione del ponte ma anche per risarcire cittadini ed imprese che hanno subito danni e, ancora, per evitare che il “no” ad Autostrade possa ricadere anche sulla galassia di aziende che, a vario titolo, collaborano e lavorano con l’azienda del gruppo Benetton e che, con la versione attuale del Decreto, non potrebbero in alcun modo partecipare ai lavori.
Altro nodo da sciogliere è quello del passaggio di fondi, decisamente cospicuo, che dovrà avvenire tra Autostrade per l’Italia, chiamata a pagare interamente i lavori e il team al lavoro per la ricostruzione e che dovrà aver garantito un flusso ininterrotto di finanziamenti per non ritrovarsi con blocchi dei lavori o comunque rallentamenti nell’avanzamento dell’opera.
Tutto ruota attorno al fatto che Autostrade potrebbe non accettare un ruolo puramente “passivo” di finanziatore e potrebbe rivendicare il diritto di partecipare attivamente. In questo caso lo scontro porterebbe nelle aule di Tribunale con ovvi ritardi e con la concreta possibilità che l’azienda chieda ed ottenga l’autorizzazione a bloccare i fondi necessario sino alla sentenza del processo. Eventualità che comporterebbe un ovvio ritardo o la necessità di accedere a fondi statali che ricadrebbero sulle tasche degli italiani.