Genova – La diffusione della peste suina africana è un grave rischio per la produzione di insaccati e carni suine italiane e lo Stato ha deciso di istituire ben sei mesi di “zona rossa” per i boschi di ben 144 Comuni Italiani.
Ci sono anche molti comuni della provincia di Savona e di Genova nella zona interdetta alle attività nei boschi decisa dal ministro della Salute Roberto Speranza e da quello alle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.
In una ordinanza firmata ieri sera è stato imposto una sorta di “lockdown” per i boschi di 144 comuni e non sarà possibile sino al mese di giugno (salvo proroghe o modifiche) praticare la Caccia, la pesca, ma anche la raccolta di fungi e tartufi e neppure il trekking (passeggiare nei boschi) e luso della mountain bike e di tutte le attività che potrebbero contribuire alla diffusione dell’epidemia, spaventando i branchi di cinghiali presenti nei boschi e costringendoli a fuggire estendendo il potenzia areale di contagio o anche solo raccogliendo sotto le scarpe o le ruote il fango infetto dalla malattia per poi portarlo altrove.
Decisioni drastiche che non mancheranno di provocare pesanti disagi ai comuni interessati, per la maggior parte vocati al turismo ma che servono per preservare un importante voce di export e dell’economia italiana, quella dei prodotti gastronomici.
Cina e Giappone hanno infatti già ordinato il blocco dell’importazione di prodotti alimentari a base di carne suina provenienti dall’Italia ed è facile immaginare cosa accadrebbe se lo stesso provvedimento venisse preso anche da altri Paesi del mondo.
L’export di qualità (prosciutti, salumi, carne suina) potrebbe subire un colpo mortale.
Resta da chiarire come si impedirà ai cittadini di entrare nei boschi di 144 comuni italiani con la carenza di personale addetto alla sorveglianza di enormi spazi aperti e privi di recinzioni.
Questo l’elenco dei Comuni della Liguria già interessati dal divieto di Caccia
Albisola superiore
Celle Ligure
Pontinvrea
Sassello
Stella
Urbe
Varazze
Arenzano
Bargagli
Bogliasco
Busalla
Campo Ligure
Campomorone
Casella
Ceranesi
Cogoleto
Crocefieschi
Davagna
Genova
Isola del Cantone
Lumarzo
Masone
Mele
Mignanego
Montoggio
Pieve Ligure
Ronco Scrivia
Rossiglione
Sant’Olcese
Savignone
Serra Riccò
Sori
Tiglieto
Torriglia
Valbrevenna
Vobbia
(l’elenco dei Comuni interessati non è ancora completo e verrà diffuso in seguito)
Che cos’è
La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che non è trasmissibile agli esseri umani.
È una malattia con un vasto potenziale di diffusione e pertanto una eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale comporta pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni ingenti sia per la salute animale (abbattimento obbligatorio degli animali malati e sospetti tali), che per il comparto produttivo suinicolo, nonché sul commercio comunitario ed internazionale di animali vivi e dei loro prodotti (dai Paesi infetti è vietato commercializzare suini vivi e prodotti suinicoli).
L’Organizzazione mondiale per la sanità animale ed il Nuovo Regolamento di sanità animale della Commissione Europea annoverano la PSA nella lista delle malattie denunciabili: qualunque caso, anche sospetto, deve essere denunciato all’autorità competente, come previsto già dal l Regolamento di polizia veterinaria – DPR n. 320 del 8.2.1954 art.1.
Diagnosi
La PSA è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti. Questa caratteristica rappresenta l’ostacolo più importante alla preparazione di un vaccino, che attualmente non è disponibile in commercio.
I sintomi principali negli animali colpiti sono:
febbre
perdita di appetito
debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
costipazione
aborti spontanei
emorragie interne
emorragie evidenti su orecchie e fianchi.
La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.
Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi.
La diagnosi di malattia è effettuata tramite vari esami di laboratorio: immunofluorescenza, PCR, ELISA e Immunoperossidasi.
Prevenzione
La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (zecche). La trasmissione indiretta si verifica attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari, specie se contenenti carni suine, in modo non corretto.
Nei Paesi indenni la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali, il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei.
Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto. Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.
Terapia e profilassi
Al momento non esiste un vaccino per la Peste suina africana. Come previsto dal vigente Piano nazionale di sorveglianza e dalle norme di settore, quando si riscontrano uno o più sintomi tali da far sospettare la presenza di PSA in un allevamento di suini, occorre immediatamente darne comunicazione ai servizi veterinari competenti per territorio. Analogamente, quando si rinviene una carcassa di cinghiale nell’ambiente, o a seguito di incidente stradale che abbia coinvolto un cinghiale, è necessario segnalare l’evento ai Servizi Veterinari, alle forze dell’ordine o enti parco, guardie forestali, oppure contattare i numeri verdi regionali.