Genova – Un lungo applauso “di scuse”. Così la tifoseria interista ha cercato di rimediare allo squallido episodio di molestie sessuali andato in scena (e mai punito) allo stadio Luigi Ferraris di Marassi.
Durante la partita con il Genoa la giovane che era stata fatta oggetto di un coro belluino che avrebbe dovuto far scattare sanzioni severe per tutti i partecipanti e per le società coinvolte, è passata sotto il settore “ospiti” ed è partito un lungo applauso cui ha risposto filmando con il cellulare ed applaudendo a sua volta.
Un gesto “distensivo” che non può cancellare lo squallore dei cori ascoltati chiaramente anche in TV durante l’incontro tra Inter e Sampdoria quando la giovane, passando sul campo con un tagliaerbe, venne accolta con un “lasciala stare, te la rasiamo noi” ripetuto più volte.
Una delle scene più squallide mai viste allo stadio Ferraris e che, ancora oggi, i Media continuano a sottovalutare e a “ridimensionare” dimostrando come, in Italia, si possa parlare di tutto ma non di Calcio.
Il lungo applauso può certificare la “pace” tra la giovane e la parte sana della tifoseria ma non chiude l’episodio, gravissimo, avvenuto in uno stadio, alla presenza di migliaia di persone e che, ancora oggi, non ha fatto scattare alcuna sanzione per i responsabili e neppure parole di condanna da parte di chi avrebbe la responsabilità di quanto avviene sul campo e sugli spalti.
Una pagina vergognosa per il calcio italiano ma anche per la Giustizia che lascia che l’episodio “passi in second ordine” o, peggio, possa essere derubricato a “goliardia”.
Una ragazza trattata come oggetto sessuale, con cori da animali, e senza che alcuno consideri la gravità di quanto avvenuto rispetto all’emergenza della violenza sulle donne.
Come commentò all’epoca dei fatti più di un osservatore, sarebbe interessante sapere come avrebbero reagito, quei tifosi, se il coro da mentecatti fosse stato rivolto alla loro mamma, alla loro fidanzata o moglie, o a loro figlia o sorella.
Sarebbe interessante sapere se avrebbero accettato “le scuse”.