Genova – Prosegue con alcune dichiarazioni che hanno sorpreso giudici e tifosi il processo per le presunte estorsioni al Genoa di Enrico Preziosi. Massimo Leopizzi, lo storico capo della tifoseria rossoblù ha infatti smentito di essere una delle guide dei tifosi ed ha rivelato che le sue condizioni di salute sono così gravi da non essere preoccupato per la sentenza perché difficilmente sarà in vita per la sentenza di Cassazione (ultimo e definitivo grado di Giudizio in Italia).
“Io non sono capo di nessuno – ha dichiarato Leopizzi davanti al giudice che segue il processo – Preziosi non mi piaceva ma non ho fatto estorsioni nei suoi confronti, né altre violenze”.
Lo storico capo tifoseria ha negato più volte il suo ruolo di guida dei gruppi organizzati rossoblu ed in due ore di dichiarazioni spontanee ha più volte fatto innervosire gli uditori per il tenore delle affermazioni.
Indagato per presunte estorsioni all’ex presidente Preziosi all’epoca delle furibonde contestazioni, Leopizzi ha dichiarato che le decisioni venivano prese in modo collegiale e con votazioni per alzata di mano negando di fatto un ruolo nelle scelte della tifoseria e dunque “smontando” le ipotesi investigative che lo vedrebbero organizzare le contestazioni alla squadra ed al presidente e di conseguenza la possibilità di determinare eventuali “pacificazioni” che potrebbero essere state pagate dal Genoa.
A riguardo delle intercettazioni, l’indagato ha dichiarato che “al telefono si dicono tante sciocchezze” ed ha negato anche un ruolo attivo nella società di “security” che gestiva lo stadio che era invece gestita dalla donna che è stata sua compagna per diversi anni.
Tra le altre dichiarazioni Leopizzi ha anche detto di non essere preoccupato per nulla della sentenza del processo e di una eventuale condanna poiché sarebbe gravemente malato e difficilmente sarà ancora vivo al momento della sentenza definitiva che arriverebbe dalla Cassazione – sottintendendo probabilmente la volontà di ricorrere – come previsto dalla Legge per ogni cittadino che è innocente sino a condanna definitiva – sino al più alto grado di giudizio previsto.