HomeGenovaCronacaOmicidio Nada Cella, oggi a Genova nuova udienza del processo

Omicidio Nada Cella, oggi a Genova nuova udienza del processo

Nada Cella omicidio ChiavariGenova – Riprende questa mattina, a Palazzo di Giustizia, il processo per l’omicidio di Nada Cella, la ragazza di 24 anni massacrata nell’ufficio dove lavorava, a Chiavari, nel 1996.
Un delitto rimasto insoluto per 29 anni e che oggi si tenta di “ricostruire”, dando finalmente un volto all’assassino rimasto sino ad ora sconosciuto.
Anche oggi sfileranno sul banco dei testimoni persone già entrate nelle indagini all’epoca dei fatti – e conclusa con un nulla di fatto, e in quella riaperta nel 2021 e che ha portato ad indagare per l’omicidio una persona già entrata (e uscita) dalle prime.
In aula si tenterà di unire con un filo logico la serie di indizi e prove che, da sole, rischiano di non essere sufficienti per una condanna ma che, riunite, sembrano delineare uno scenario quantomeno “verosimile”.
L’indagata avrebbe agito a seguito di una sorta di gelosia per la vittima che, incolpevole, non avrebbe passato al suo datore di lavoro, il commercialista Marco Soracco, le telefonate della persona che oggi siede sul banco degli imputati. Una disposizione del professionista che si sarebbe “difeso” in questo modo dalla pressante insistenza della donna che avrebbe inteso “trovare una sistemazione” con il facoltoso commercialista e forse prendere il posto della stessa Nada nel posto di lavoro.
Quel diniego a trasferire le telefonate sarebbe stato letto come una colpa della ragazza ed un ostacolo al conseguimento dell’obiettivo e quindi da rimuovere.
L’attuale indagata si sarebbe recata nell’ufficio del commercialista per poterlo incontrare (o forse per un chiarimento con la vittima) e il nuovo rifiuto, comandato, avrebbe scatenato la violenza reazione con una prima aggressione nell’ingresso e poi il vero e proprio omicidio, compiuto con un oggetto preso nell’ufficio e mai ritrovato.
Il lavaggio del sangue ad opera della madre del commercialista e le indagini criticabili successive al delitto, non hanno portato alla soluzione più probabile, la stessa in discussione oggi.
Non fu preso nella dovuta considerazione il movente della gelosia, non venne “cristallizzata” la sequenza di spostamenti dell’indagata e soprattutto non venne comunicato il ritrovamento, nell’abitazione dell’attuale sospettata, di bottoni simili (o uguali?) a quello trovato insanguinato sul luogo del delitto.
Oggi si tenta, con i testimoni e con quanto emerso nelle nuove indagini, di riannodare un filo che collega tanti dettagli senza offrire, apparentemente e per ora, una prova definitiva.

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